Rassegna storica del Risorgimento
1841 ; AQUILA
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1942
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Libri e periodici
ad oggi entro gli schemi della oleografìa patriottica, deformata attraverso le informazioni "unilaterali o attraverso racconti e aneddoti che ebbero facile presa sol pubblico grosso per la loro piacevolezza, ma che trassero alimento per lo più dalla parte più caduca dell'individuo, e cioè dai suoi difetti e dalle esuberanze del suo temperamento: perciò mi ritratto di Ini non integro e non veritiero, perchè lo scolpisce in un aspetto solo e proprio, storicamente, il meno importante. 11 Monti invece ci dimostra eh' Egli deve esaere considerato molto più grande di quel che s'è detto e creduto sinora, perchè senza di Lui la nostra Patria non sarebbe o non avrebbe raggiunto che molto più tardi la sua indipendenza. Tutto quello che si è voluto, tutto quello che si è fatto, 6 dovuto passare attraverso di Lui come un perno che, intrecciando i fili, torce la corda. Egli non seppe soltanto regnare, ma seppe soprattutto governare. Espresso sempre, con impareggiabile franchezza, il suo parere sugli uomini, sulla situazione politica, sugli atti di governo e non mancò mai di far rimproveri quando eran necessari ai bisogni del Paese, e più volte seppe precedere i suoi consiglieri sulla via degli ardimenti magnanimi, assumendosi volontariamente ardue responsabilità, guardando sempre davanti a sé, senza lasciarsi prendere dallo .sconforto dei rovesci. Le più gravi difficoltà della politica interna, dalle pericolose riforme giurisdizionalistiche di fronte alla Chiesa a quelle di carattere finanziario e parlamentare, e le difficoltà veramente gigantesche della politica estera furono affrontate da Lui lealmente, senza sotterfugi e senza sottintesi, vincendo più volte se medesimo e le sue amarezze, non avendo altro di mira che le necessità indeclinabili della Patria. Fece l'Italia perchè seppe immedesimare la tradizione della monarchia con la causa dell' indipendenza e le sorti del principato con quelle della libertà. Trovò sette Stati diversi, divisi da sette confini, dilaniati da secolari discordie, e lasciò una nazione unita ed animata da forti propositi. La sua immagine si impresse cosi profondamente nella fantasia delle moltitudini appunto perche Egli era un uomo che si sollevava sopra ogni altro, perchè era il simbolo vivo di una potenza grande e reale. U suo fascino dipese dal fatto che tutto fu in Lui essenzialmente personale e caratteristico; in Lui, per uno strano connubio, la massima semplicità e cordialità si univano con la nobile alterezza del discendente di una delle famiglie più antiche e più illustri del mondo. Tutti sentirono che Egli era il Re: anche il popolo, quando lo vedeva vestito nella umile casacca del cacciatore, comprendeva che Egli aveva in sé qualche cosa di straordinariamente singolare. Diventano pertanto sciocche e pedantesche (giustamente annota VA.) le discussioni sul tanto o sul poco di latino appreso sui banchi della scuola e sugli errori di sintassi o sui francesismi che infioravano spesso le sue lettere private.
Ho detto che questo libro è particolarmente la storia della vita di un uomo; ma la trama vi è però congegnata in modo che anche i personaggi che vissero attorno a lui e con lui operarono ricevono una luce, se non sempre nuova, almeno più chiara e distinta. Ben colta, tra Poltro, a mio avviso, è 1* intima ragione del contrasto frequente tra il He e il suo grande ministro. Vi era nei due unn interpretazione dello Statuto soggettiva e diversa. Il Cavour si riteneva in diritto, come ministro responsabile, di dar consigli e pareri e talvolta anche di imporsi un po' rudemente al suo Sovrano, e questi, d'altra parte, si riteneva in diritto di far prevalere ad ogni costo la propria volontà quando riteneva che l'opporsi allo vedute e agli altrui propositi ritornasse a beneficio della vita della Nazione. Ma le bufere, dopo alcune unghiate e alcune chiare spiegazioni, si ricomposero sempre, perchè le due logiche (dice bene l'A.) se non si incontravano nel campo della teoria, si armonizzavano nel campo della pratica, perchè li guidava entrambi un unico ideale e un'unica passione. Ma soprattutto la figura di Garibaldi acquista qui uno spiccato rilievo. Dall'esame dei passi che riporta il Monti, nei quali 1* Eroe porla di Vittorio Emanuele, risulta sfatata la leggenda che vi siano stati tra i due continui episodi di reciproca diffidenza. Non mai Garibaldi pronunciò una parola men che rispettosa per Vittorio Emanuele o che suonasse mancanza di fiducia. Ogni qualvolta la politica del governo parve a lui huuictet.tabUe o dannosa agli