Rassegna storica del Risorgimento
POERIO ALESSANDRO ; MONTANELLI GIUSEPPE
anno
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1943
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pagina
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53
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Alessandro Poerio e Giuseppe Montanelli 58
Ma attese invano i versi ispirati dalle sue liriche, giacche Montanelli come scrisse poi l'amica è restato sul più hello della poesia...; le sue occupazioni di professore e di avvocato lo spoetizzano per sei o sette mesi dell'anno . *) Tuttavia il Montanelli continuò ancora a inani-lestare, per tramite di lei, la sua ammirazione agli altri versi che in varie occasioni venivano dall'amico; e per parlargli di versi appunto gli scrisse a Napoli, per incarico di lei, la prima volta. S'era così stabilita tra loro da lontano una viva corrispondenza di amorosi sensi; ed erano già poste le condizioni ideali di una salda' amicizia, la quale continuò ad alimentarsi ancora del reciproco desiderio di conoscersi, fin che non venne l'occasione propizia di appagarlo. L'occasione fu il VII Congresso degli Scienziati Italiani tenutosi a Napoli nell'autunno del 1845; quel Con* gresso, che fu definito dal De Sanctis precursore della rivoluzione; che permise Io scambio diretto di idee e di propositi tra i molti convenuti dalle più diverse parti d'Italia, la maggior parte dei quali erano oltre che scienziati anche uomini politici ed agitatori. H
1) Il Montanelli poi scriverà nelle sue Memorie (E, j>. 87): Per pianto le cure avvocatesche e cattedratiche non mi concedessero più di far versi,; pure la lirica mi traboccava dall'animo.
2) La Letteratura italiana nel sec. XIX (ediz. Cortese, voi. II, p. 110). Ma piace piuttosto riportare quel che di tali congressi scrisse uno storico borbonico e reazionario, ma simpatico narratore: Da alquanti anni s'era messa l'usanza di congregare scienziati in qualche città d'Italia, dicevan per l'avanzamento del sapere, in fatto perchè gli adepti della Giovine Italia confabulassero alla libera. I sovrani essendo volonterosi di promuovere l'arti di pace, caddero nella pania, e permisero cotai congressi che furono precursori di quei parlamenti che li avevano da sca-ciar di seggio. N'era stato promotore Carlo Bonaparte principe di Canino. Gregorio XVI come udì il nome di lui e del suo segretario Masi, prevedendo ove mirassero, non li volle a Roma, e vietò a' dotti romani d'intervenirvi altrove. Lo stesso fé* lo accorto Duca di Modena. Ma eglino trovaron favore prèsso altri principi; e primo vi calò il Gran Duca di Toscana, che nel 1839 accolseli a Pisa, e nel 1841 a Firenze. Anche re Ferdinando, dopo che v'era caduto il Tedesco, vi sdrucciolò; che Nicola Sanlangclo, ministro dell'Interno, vel pinse; e il re, forse per non dar esca al motto dell'avversar egli le scienze, aderì, e volle anzi fosse magnifica e graziosa l'accoglienza. Quel congresso, il settimo italiano, s'aperse in Napoli a 20 settembre 1845. presente Ferdinando, che pronunziò parole di maestà e sicurezza inei-tatrici di scienza. Tenner seduta nella sala mineralogica dell'Università seicento personaggi; dei quali molti erano ignoti, molti anche ignari dello scopo di tali chiacchierate, e molti eran notissimi rivoluzionarli. Il Santangelo, non so se sciente o addormito, fecero presidente, per rimertarlo. A ciascuno fommo dono di dm: volumi appositamente scritti, la Guida di Napoli; ebbero il palazzo Gesso per ricreamento serale, carrozze per salive al Vesuvio e visitare le reali delizie, un ballo a casa del ministro, e un altro ricchissimo alla reggia, nella gran sala aperta allora la prima volta. Festeggiarono il re con lodi sperticate; e l'Orioli il paragonò a Giove tonante trasformato in Giove pacìfico.
Quale avanzamento s'avesser le scienze niuno seppe: la unione fu allargamento di speranze, opportunità di conferenze, promesse a propositi faziosi. Uscita appena,