Rassegna storica del Risorgimento

"RIFORMA (LA)"; COLONIE ; GIORNALISMO
anno <1943>   pagina <106>
immagine non disponibile

106
Massimo Petrocchi
nazionale, il dovere di ricondurre lo spirito della Patria agli antichi ideali di gloria e prosperità, e su un piano politico-commerciale, il bisogno di mercati vergini, ove non sia da sostenere la concorrenza con altri popoli già irrobustiti in quella sfera di azione (29 gennaio 1883). Conquista questa, cosi com'è desiderata, tutta laica e grigia in certe preferenze di orientamenti e risoluzioni. In molti il problema coloniale era sorto come missione di elevamento spirituale, eticoreligioso, come sollievo interiore di anime: qui invece, con una fiducia rozzamente ottimistica, è delineata una ben diversa Italia: Un'Italia che portasse nei paesi barbari la civiltà, senza il corollario obligatorio della religione, potrebbe rappresentare una parte non solo gloriosa, ma relativamente facile, e senza pari feconda (17 novembre 1884).
Praticamente La Riforma è, nella questione tunisina, per la difesa coraggiosa del­l'influenza italiana (12 gennaio 1881), e, anche dopo la dichiarazione francese di pro­tettorato sulla Tunisia del maggio 1881 Trattato del Bardo e le illusioni del Cairoli sulla buona fede francese, l) per l'insistenza, nonostante gli imper­donabili errori, in una politica tunisina (17 ottobre 1881). E anche durante Fazione a tal riguardo abulica del Depretis, La Riforma afferma, convinta, che condizione sino qua non dell'abolizione delle capitolazioni tunisine deve essere per l'Italia la sicurezza di un non intervento francese a Tripoli (28 giugno 1883), la cui occupazione da parte di una potenza estera sarebbe stata per l'Italia <c l'ultimo colpo (9 novembre 1882).
Sullo stesso piano di tenace difesa degli interessi italiani nel bacino del Mediter­raneo è la posizione di fronte al problema egiziano. L'insurrezione xenofoba capitanata da Araby bey e culminante nell'assassinio di europei, nel giugno 1882 ad Alessandria, aveva mosso l'Inghilterra nel luglio dello stesso anno a proporre alla Francia e all'Italia un'azione comune per la difesa del canale di Suez. L'Italia, secondo le direttive del Mancini, rifiutò l'offerta, forse per timori di complicazioni diplomatiche con Francia e Germania, per impreparazione militare e per squilibri finanziari. 2) Francesco Crispi, -sempre pia penetrato da una cosciente abitudine di vigile politica, si mostrava senz'altro all'opposizione; al Mancini stesso scriveva e sotto gentili apparenze non è celato un acre capovolgimento di giudizi : <r Quando Cavour ebbe fatta l'offerta di unirsi alle Potenze occidentali per andare in Crimea, non vi pensò un istante. Il Governo del piccolo Piemonte ebbe quel coraggio ohe oggi manca al Governo d'Italia. 3) La Riforma, più tardi, di fronte all'occupazione Inglese del Canale di Suez, dichiarava aper­tamente che essa era la risposta al rifiuto opposto dal nostro Governo alle offerte fat­teci dal Gabinetto inglese, offerte che noi abbiamo dimostrato come senza nessun peri- colo, senza offesa di sorta alla giustizia, anzi, nell'interesse di questa, avrebbero potuto e dovuto, con le debite garanzie, subito accettarsi. L'abbiamo voluto, e bene ci sta. Sarebbe il lagnarsene da pazzi (4 agosto 1882). E le inevitabili conseguenze della mano libera inglese in Egitto furono amaramente lamentate in seguito: non solo nella ingenua speranza che converrebbe che fosse proclamata sin d'ora la indipendenza dell'Egitto, mediante però un trattato internazionale che garantisse quell'indipendenza, ne
l) R. CIASCA, Storia coloniale dell'Italia contemporanea, 2* ediz., Milano, 1940* p. 112.
2 Ibidem, p. 115 e segg.
*) F. CBISPZ, Politica estera, 1, a cura di T. PALMENGITI-CRISPI, Milano, 1929, p. 174 Cfr, pure G. PALOMBO CORDELLA, Crispi e la politica coloniale e mediterranea, in Politico, XXIX, X, LXXXI, p. 168.