Rassegna storica del Risorgimento

DUE SICILIE (REGNO DELLE) ; CAVOUR, CAMILLO BENSO DI ; SALMOUR,
anno <1943>   pagina <156>
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Giulio Del Bono
Ma, nell'Italia centrale, gli era stato facile ordire, portare a punto la rivoluzione ed intervenire a momento opportuno con le armi, perchè quelle regioni erano vicine o contigue al Piemonte, il popolo preparato al mutamento, la classe dirigente capace di dar continuità alla vita pubblica senza scosse; mentre le Due Sicilie erano lontane, separate dal resto d'Italia dallo Stato pontificio; la classe popolare ignara dell'idea nazionale e, fatto strano ma comprensibile, concorde con l'aristocrazia nel non volere costituzione, il che dava maggior forza al Governo per rifiutarla; la media incapace di diventare iniziatrice di rivoluzione; il partito liberale stesso diviso eccessivamente, senza capi supremi, né unità di vedute, né popolarità. Vi erano, è vero, molti individui ardenti, pronti ad offrirsi al trionfo della causa nazionale, animati da coraggio e risoluzione, ma essi che potevano dirsi un'eletta, invece di guadagnare ponendosi a contatto fra loro, perdevano di vigore e di coraggio poiché la paura di esser traditi toglieva loro qualunque energia e tornavano al loro ritornello abituale: soli non possiamo niente. Non erano patrioti decisi alla lotta ma martiri, vittime che si sacrificavano volontaria­mente per poter scacciare i Borboni. *) Tuttavia, nota il Gropello che la debolezza del Governo, il vuoto che si veniva formando attorno ad esso, la facilità con cui sembrava lo si potesse abbattere, erano sintomi di prossima dissoluzione,
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Abbiamo già accennato ai punti essenziali delle istruzioni 2) date al Salmour. Esse consigliavano il riconoscimento dello statuto del 184B come esistente in diritto, ma applicabile di fatto al termine della guerra. Si sarebbero così soddisfatti i voti del partito liberale, calmando in pari tempo le apprensioni di quello monarchicoconservatore. Suggerivano poi di non formare un ministero di liberali puri perchè questi, essendo stati esecutori della sua lungimirante politica, dovevano starne fuori a Napoli e tenerne lontano il re. Inoltre la loro presenza avrebbe ecci­tato pretensioni e sollevato questioni che, per il momento, era bene rima­nessero sopite. Infine, e forse principalmente, un Governo di liberali puri, se accettato in buona fede dal sovrano e sostenuto da un'assemblea liberamente eletta, avrebbe potuto creare imbarazzi allo stesso Cavour e intromettersi in quella direttiva politica italiana assunta da lui fin dal 1856 al congresso di Parigi, creando un pernicioso dualismo per il
x) Cara, eìt 251-268.
*) Le istruzioni erano in parte state suggerite a Cavour dagli emigrati napoletani residenti a Torino (Cuxt. eli., 228 e pastini).