Rassegna storica del Risorgimento

EMILIA ; STATO PONTIFICIO ; GIORNALISMO
anno <1944>   pagina <238>
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Libri e periodici
simile volontà ama il bene dovunque si trovit e ama più quel che è più bene; e in tutto-cecca il massimo bene. Ma la carità, per il Rosmini, non deve solo penetrare il cuore ma la niente stessa. Si deve pensando amare. Ogni giudizio, o atto di conoscenza, deve essere nn atto di amore. Di qui il suo studio continuò di comprendere, studio dai cieli della Rivelazione cristiana, di cui si beava, e dalle vette vertiginose della metafi­sica, lo faceva quotidianamente ridiscendere verso l'uomo suo prossimo per sentirne le fosche debolezze e le dolorose complicazioni. La sua anima pura penetrava cosi le torbide anime altrui; uomini come il Tommaseo e il Bonghi sentivano in quel candido raggio che entrava nei cuori quasi una comunione di Dio.
E dalla carità non fu mai disgiunto in lui l'amore per il vero. Non basta la sete di conoscenza, non basta il solo pensiero per arrivare all'infinita ricchezza dell'essere. La verità e la carità son sue parole si rendono reciprocamente testimonianza perchè l'una è nell'altra e ninna delle due fuori dell'altra si trova. Lo scetticismo, nella storia della filosofia, è sempre, prima o poi, l'ultima parola della ragione umana che si chiude orgogliosamente in se. Il pensiero solo, dopo aver tutto negato, finisce con il negare se stesso. Questo ben vide il Rosmini, che dinnanzi a certe intemperanze della moderna speculazione richiama a un principio più alto e profondo dello stesso eros platonico; alla carità che tutto soffre e crede e gioiosa spera, che è intima unione con l'essere e con tutto l'essere. In questa vena infinita è da ricercare il fonda­mento della sua filosofia, di cui Fiero Maxrucchi traccia con vivida chiarezza le linee fondamentali. Filosofia, che ha un valore sempre attuale non solo nel campo dell'etica, profondamente umana (e non intellettualistica, come opinano i più), perchè è fondata sulla dualità categorica dell'ideale e del reale, ma anche, e segnatamente, nel campo-delia conoscenza, in cui egli ha inverato, come il Marrucchi annota giustamente, la dottrina kantiana liberandola, con la idea dell'essere, che è lo stesso essere ideale nella sua schietta e assoluta oggettività, dai resti del dogmatismo sensistico nel quale Kant si era impigliato senza riuscire a liberarsene mai compiutamente*
Sull'atteggiamento propriamente umano del Rosmini discorrono con attenta pre­cisazione il Ciampini e il Fossi. Il primo spiega l'interessamento immediato che ebbero verso di lui, anche giovanissimo, prelati, e papfe i quali tutti sentivano di trovarsi di fronte a nn uomo fuori del comune, di alta statura morale, una manifestazione della grandezza e della potenza di Dio. Anche sul suo volto c'era qualcosa di non ordinario; ne emanava una misteriosa dolcezza, una serenità più che umana.
Quando dalle altezze nelle quali di solito abitava il suo spirito, abbassava gli occhi sugli uomini e sulla terra, il suo sguardo conservava un riflesso di quella luce e nella sua voce ancora si udiva come un'eco delle voci misteriose e ineffabili che aveva ascoltate in quelle altezze inaccessibili. Monumento di tanta grandezza resta, per ciò che concerne i suoi rapporti con la vita che lo circondava, il suo Epistolario, certa­mente unico per ricchezza di vita interiore, per profondità di problemi posti, per la vastità degli interessi, tra gli epistolari degli uomini grandi di tutti i tempi. Una delle cose che più colpiscono leggendo le sue lettere è, come osserva con acume il Ciampini, la letizia sorvegliata e repressa che vi circola dentro; la letizia non solo della immortale speranza, ma delta divina certezza. Ma sbaglierebbe chi volesse immaginarsi il Ro­smini una dolcezza senza energia, una mansuetudine senza severità, una umiltà con alcunché di untuoso, di remissivo, di fiacco. Era in lui, al contrario, un'energia indo­mita quando fosse chiamato a combattete per la verità; poteva allora diventare anche duro; accanto alla serenità e alla dolcezza noi troviamo, latente e senza far mostra di sé, ma sempre vigile e desta, sempre pronta ad affermarsi e ad agire, la forza, forza però non estrinseca e materiale, ma alla quale ci abbandoniamo udenti, perché è in servizio della supcriore Giustizia e anch'essa emana da Dio e porta verso Dio. Uno del momenti più sublimi nella vita mortalo del Rosmini fu la persecuzione sofferta. Come accade atutti i forti, egli nel dolore si innalza e diventa più mansueto e più sereno; raggiunge un senso di purità, di innocenza, una levità dell'anima che forse non
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