Rassegna storica del Risorgimento
EMILIA ; STATO PONTIFICIO ; GIORNALISMO
anno
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1944
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pagina
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245
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Libri e periodici 245
piantare cavoli e coltivare vigne , scriveva amaramente nel suo Diario. L'amarezza era tanto maggiore in quanto, come sappiamo, egli sentiva in sé la stoffa dell'uomo politico: Ah! esclamava se fossi inglese, a quest'ora sarei già qualche cosa, e il mio nome non sarebbe più del tutto sconosciuto. E quella stoffa la sentiamo anche noi dalla semplice lettura del Diario: due sole massime, nella loro scultorea brevità, ci dicono come il Conte, nonostante la sua giovane età, avesse compreso in che consista l'arte di saper governare: ogni giorno di più mi convinco che la vera abilita consiste nell'essere audaci ; per essere un abile uomo di Stato bisogna innanzi tutto possedere il setiso del possibile .
Tra questi due poli infatti, l'audacia e la prudenza, giocherà tutta la politica del conte di Cavour al Governo del Piemonte: a saperlo leggere, questo Diario rivela già, nel giovane poco più che ventenne, il fui uro grande ministro d'Italia.
PAOLO ALATRI
t. MARTINELLI, Carlo Alberto; Milano, Vallardi, 1940-XVIII, in 16, pp. 194. S. p.
L'agile volumetto del Martinelli non vuol essere che un semplice contributo, tracciato con intendimenti divulgativi, alla conoscenza della personalità, per tanti aspetti complessa ed interessante, del Sovrano che raccolse, nella sua vita sconsolata, tanta messe di dolore e di gloria.
La narrazione, sobria ma efficace, è condotta sulla base della migliore letteratura comparsa sull'argomento in questi ultimi tempi, e in particolare degli studi del Luzio. del Rodolico, del Salata, del Lemmi, del Passamonti. Ma indubbiamente l'A. ci avrebbe dato del Re magnanimo ed infelice un ritratto più aderente alla realtà se avesse potuto conoscere i risultati della critica alla recente storiografia carloalbertina. Perchè quel che manca per l'appunto in questo libro è un esame un po' approfondito del dramma personale di Carlo Alberto, dramma, come ognun sa, sinceramente vissuto. Si notano, è vero, qua e là spunti assai felici di penetrazione psicologica (vedi specialmente le pp. 6 e 7); ma stanno per lo più a sé; non sono opportunamente collegati e fusi in un logico e armonico svolgimento.
Su alcuni apprezzamenti intorno all'animo di Carlo Alberto non sono del tutto d'accordo con l'A. Non cito che un esempio. A pagina 67 il Martinelli afferma che vi è un netto distacco tra la condotta del Principe nel 1821, condotta che non risulta sempre chiara né va esente da ombre e quella degli anni successivi, durante i quali, in complesso, Carlo Alberto diede prova di energia e si rivelò molto più savio di quel che non fosse legittimo attendersi da lui in circostanze difficili e compromesse. Non credo si possa riscontrare nel carattere di Carlo Alberto, con il maturare degli anni, un mutamento notevole di atteggiamenti. Così soltanto si spiega come egli destasse tanto spesso il sospetto degli stessi retrivi e potesse rendere talvolta consistenti le acerbe accuse mossegli dai rivoluzionari. Egli anelò alla morte come alla liberazione più volte non solo in gioventù, ma anche negli anni avanzati*, segno evidente (come ha notato Antonio Monti in un suo recente volume so Vittorio Emanuele II) che si sentiva incapace di sostenere i ricordi delle pene attraversate e di affrontare gli altri più pesanti dolori che gli riserbava la travagliata esistenza.
Cesare Balbo nelle sue Memorie ci ha lasciato di Carlo Alberto alla vigilia degli avvenimenti del 1821 un rapido profilo, che merita la più attenta considerazione. Sin dai primi colloqui avuti con il Prìncipe notò in lui, con suo stupore, una certa doppiezza, mi dire e un disdire, una mancanza assoluta di coerenza e di equilibrio. Il Principe continuò a tenersi in rapporto con i congiurati quando già aveva affermato al Balbo di aver ripudiato totalmente la loro causa; consiglia lo a sventare il piano degli insorti, provvide con ritardo e senza vigore; scoppiato il movimento, si chiuse in se stesso,