Rassegna storica del Risorgimento

EMILIA ; STATO PONTIFICIO ; GIORNALISMO
anno <1944>   pagina <250>
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250 Libri e periodici
affratellare le associazioni agrarie, progetto di cui egli fu, nel Congresso, magna pars. Nel gennaio del 1848 olla Congregazione provinciale di Padova, di cui era deputato sin dal 1841, presentò un'istanza in forma corretta e moderata da inviarsi alla Congregazione provinciale veneta perchè fossero presi in esame i desideri e i voti delle province che quel Corpo rappresentava e fossero quindi formulate le preghiere da innalzarsi som­messamente all'Augusto Sovrano Monarca naturalmente appellandosi alle legali maniere di manifestazione che il Sovrano aveva voluto concedere a quel Regno. La nota era sotto ogni aspetto strettamente legale perchè indirizzata all'ente amministrativo che era autorizzato a raccogliere e a rappresentare all'autorità suprema i bisogni e gli inte­ressi delle popolazioni; così la richiesta del Meneghini era non solo sorretta dal diritto e legittimata dalla giustizio, ma anche cementata dalla voce, sino allora inascoltata, di milioni di Italiani contro un'Austria immobile nel suo assolutismo cieco e brutale. Tuttavia la petizione dovette indubbiamente contribuire a tener desti su di lui i sospetti della Polizia austriaca; tant'è che il 9 febbraio, in seguito all'agitazione studen­tesca padovana, egli veniva tradotto in carcere con Guglielmo Stefani, direttore del periodico Caffè Pedrocchi e tradotto a Venezia. Liberato durante l'insurrezione della citta del 17 marzo e tornato in Patria, ove fu accolto trionfalmente, fu nominato pre­sidente del Comitato provvisorio dipartimentale di Padova. Tra i primi atti del Comi­tato, di cui il Meneghini fu guidatore instancabile, basterà ricordare la creazione di un Corpo franco, un'ambasciata a Milano per salutare la sua liberazione, le nuove nomine di professori dell'antica Università, la costituzione di un battaglione mobile e di un Comitato di difesa. Ma intanto gli avvenimenti incalzavano. Sconfitto Carlo Alberto a Novara, anche Padova dovette subire il destino delle città venete consorelle. La notte dal 13 al 14 giugno vi furono ricondotti gli Austriaci dal generale D'Aspre quando già la plebaglia aveva saccheggiato vari edifici della' città che era stata abbandonata da alcuni membri del Comitato; tra questi anche il Meneghini che, "vedutala furia popo­lare, nell'impossibilità di poterla trattenere in seguito all'abbandono dei presidi militari, abbattuto, sfiduciato, partiva conia famiglia diretto a Rovigo. Si inizia cosi il suo primo esilio. Andò ramingo fuori degli stati imperiali quasi mendicando la vita; a Ferrara, a Bologna, a Firenze, poi a Torino per tentare che il Governo Subalpino accettasse l'idea di una consulta veneta. Non riuscito nell'intento, tornò a Firenze. Ma anche li soprav­venuti gli Austriaci in seguito alla fuga del Granduca Leopoldo, dovette ridursi ad Ancona che fu pure presto accerchiata e bombardata. Rifugiatosi a stento sopra una nave inglese, emigrò a Corfù, mèta di molti altri esuli politici, banditi dalla Patria, e di lì ad Atene, ove trovò un'ospitalità veramente fraterna.
Senti però presto il desiderio di rivedere l'Italia, ma potendo per il proclama di Radetzky del 19 agosto 1849 rientrare nel Regno liberamente e impunemente, rinunciò a Padova e all'adorata famiglia per tornare a Torino, allo scopo di conservare intatto il culto della Patria. A Torino si consacrò tutto agli studi, che furono assieme con J'amore per il suo paese la sua più grande passione. Delle pubblicazioni di questo periodo son degne di menzione il Manuale del cittadino degli Stati Sardi, compilato in compagnia del Benvenuti e del Berti, il quale offriva le nozioni più necessarie nella statistica, nella legislazione, nell'amministrazione, nelle finanze e nella istruzione pub­blica; e gli filamenti di economia sociale ad uso del popolo, ove si tratta della natura, dell'origine e delio sviluppo della ricchezza e dei rapporti di questa con i produttori: opera accòlta con grondo favore non solo in Italia, ma anche all'estero. Egli teneva conto delle tristi condizioni della classe più numerosa e no additava i rimedi, ma non accettava il socialismo, anzi apertamente ne combatteva ! principi fondamentali, poi­ché assegnava alla classe popolare un compito molto più alto, cioè quello di assurgere alla coscienza di se stessa.
Il Miotto non dà che rapidi conni sull'attività scientifica nel campo economico del Meneghini, ma non sarebbe inopportuno ohe se ne facesse un esame particolareggiato perchè egli indubbiamente precorse i tempi con alcune sue gemali intuizioni.