Rassegna storica del Risorgimento

DIPLOMAZIA ; CARLISMO ; SPAGNA ; STATO PONTIFICIO
anno <1947>   pagina <7>
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J principii della guerra carlista, ecc. 7
misterioso deforme nel corpo, marchese o plebeo, non si sa bene, che evoca Alphonse Daudet, nei Rois en exil, o l'episodio della vedova carlista che raggiunge ad Estella il suo re, che Barrès prodiga in Da sang, de la volupté et de la morti o quel romanzo di Pierre Bénoit, che, come tutti quelli dello stesso autore, pare scritto per farne un bel soggetto di pellicola, che è Pour don Carlos,
Al suo sorgere, e nei primi venti anni della sua esistenza, è stato un centro di raccolta e, si potrebbe dire, un campo di prova, di tutte le forze anticostituzionali ed antiliberali di Europa. Allorché le stampe liberali diffondevano le immagini delle tre regine costituzionali di Europa, Vittoria d'Inghilterra,Maria da Gloria di Portogallo, Isabella di Spagna, tutti i conservatori parteggiavano idealmente per don Carlos di Borbone, don Miguel di Braganza ed Enrico V di Francia, che rap­presentavano la triade legittimista. È noto l'entusiasmo con cui aderì a questa triade nella prima parte del suo regno Carlo Alberto, come tale entusiasmo pesasse sulla sua politica estera, come lo portasse a sacrificare qualcuno dei più fedeli servitori della dinastia, quale il d'Agliè. Ne ha ampiamente trattato Francesco Lemmi, La polìtica estera di Carlo Alberto nei suoi primi anni di regno (Firenze, 1928).
L'Austria rappresentò allora la potenza moderatrice e pacifica­trice; una storia equanime deve riconoscere al Metternich il merito di avere molto operato, tra il 1830 ed il 1840 approssimativamente, per la pace, di aver versato molta acqua nello spumeggiante vino cui si abbeveravano i campioni del legittimismo, Carlo Alberto anzitutto, desi­derosi di spedizioni punitive per rimettere sul trono Enrico V o per dare il trono a don Carlos e a don Miguel. Fu del resto un tratto anche successivo della casa d'Austria prossima in ciò alla politica ponti­ficia questo della tiepidezza verso tutti i richiami al legittimismo; come mostrò Francesco Giuseppe ancora nel 1883 quando, morto il 23 agosto il conte di Chambord, e manifestatasi nella vedova e nei Borboni di Spagna e di Parma l'intenzione di non riconoscere il conte di Parigi quale capo della casa di Francia (ricollegandosi alla tesi, già
separata, alFammirazione per Mussolini ed il fascismo, con la sua mistica dell'ordine, della disciplina, dell'azione; ma sulla stessa avversione alla Germania qualcosa aveva potuto VWfàt6to del nazismo (pp. 125, 150, 203 segg., 222). Il principe di Bor­bone-Parma cui alludo nel testo è Francesco Saverio, investito da Alfonso Carlo, zio di don Jaime, morto nel 1936, ottantaseienne. Gli araldisti discussero allora se Alfonso Carlo avesse disposto soltanto della corona di Spagna od anche di quella di Francia! Ma il capo della Casa di Parma, principe Elia, fece un comu­nicato, per ribadire che gli Orléans non erano che dei cadetti; che però sul punto di chi dovesse regnare in Francia avrebbero deciso i Francesi!