Rassegna storica del Risorgimento

DIPLOMAZIA ; CARLISMO ; SPAGNA ; STATO PONTIFICIO
anno <1947>   pagina <11>
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I principii dalla guerra cartista, ecc. 11
Ma si delineava intanto l'inevitabile contrasto tra il cardinal Tiberi, che la sua vecchia avversione al gruppo cartista doveva portare a guar­dare non con sfavore il nnovo governo, ed il nunzio Ainat, che, forse per l'influenza della Corte di Napoli, ma certo per la coscienza di meglio interpretare il sentimento di Roma, orientava le sue simpatie verso il cartismo.
Scriveva il cardinal Tiberi il 21 ottobre 1833:
Il Santo Padre non abbisogna d'insinuazione, e tanto meno, che si ricordino le massime con tanta saviezza già adottate. Può essere non inutile che risappia con candore i fatti. Madrid ubbidisce; il nuovo Governo ìspiega fermezza, senza dimenticare una prudente moderazione. Dichiarò solennemente proteggere la Religione, e difendere la monarchia Il giorno 29 verrà proclamata, secondo il costume, in Regina, Donna Maria Isabella II. La truppa in ogni dove si mostra fedele ai giuramenti. I magistrati ubbidiscono: tranne sediziosi moti, e permanenti in Bilbao, e Vittoria, e pochi paesi limitrofi, si conserva la pace. Marciò forza imponente per comprimere i parziali tumulti: in altre parti l'esito fa felice. Don Carlos è proscritto, privato de* beni. I popoli rimangono spettatori indolenti. Sarebbe desiderabile, qualunque ragione militi in contrario, che non risvegliasse la guerra civile.
Era un appena larvato consiglio a non dare in alcun caso incorag­giamento ai carlisti, e se possibile a riconoscere Isabella II, a non essere quanto meno ultimi in tale riconoscimento.
Con altra lettera del 22 marzo 1834 il cardinal Tiberi così scriveva al Segretario di Stato:
Non le dissimulo, che se tra i regolari ed i preti si contano uomini dotti, pru­denti e pieni dello spirito di Dio, non mancano altri trasportati dal fanatismo, e dal partito: nulla meno che cauti, quali in voce, in iscritto, in pubblico, in privato provo­cano il rigore del Governo, e dei duri, e poco docili Capitani generali.
Tra mille esempi che potrei allegare, mi limito ai tre seguenti. Due oratori car­melitani nel tessere l'elogio funebre di Ferdinando VII in mezzo ad un concorso immenso, presenti anche i capi militari, e civili: l'uno encomiando lo zelo, la religione dell'augusto defunto, disse guai a voi: è morto l'unico difensore della Fede, che si perseguita -=-; ma gli riuscì evitare la tempesta con la fuga; l'altro, dopo aver a lungo dimostrata la soverchia docilità di carattere del buon Re, e riferito, che moribondo alla Granja aveva con un codicillo rivocata la prammatica sanzione del 1830, soggiunse che, per l'istesso motivo la richiamò quindi a vita con un testamento evidentemente nullo, ed inefficace: ondo il trono non appartiene a chi orna la fronte della Corona; costui Iangue nelle carceri. Mi si presentò con istudiato discorso un religioso a nome de' suoi confratelli non dovendosi, disse, favorire un Governo anticattolico, propose di abilitare quelli, che usano dell'indulto della Crociata, di non pagare un soldo al Commissario destinato da S. S. cui incombe erogare il prodotto in cause pie, ed invece di consigliare che ciascuno, che si serva della dispensa, possa dare a suo arbitrio alcun danaro a qualche stabilimento: osò dire, che secondava la intenzione del Papa,