Rassegna storica del Risorgimento
DIPLOMAZIA ; CARLISMO ; SPAGNA ; STATO PONTIFICIO
anno
<
1947
>
pagina
<
12
>
12
A. C. Jemolo
che ricusava riconoscere Maria Isabella. Partì convinto de' suoi errori. Nulla accennerò de Vescovi, le di cui pastorali non ricordano gli esempi di pastori di tempi più felici* di alcuni religiosi, o canonici, o curati, i quali seguono o f una o l'altra bandiera. Io parlo ai superiori degli Ordini: adotto, seconda le circostanze, mezzi diretti o indiretti, per persuadere, per inculcare la pace, la sommissione in tutto ciò, che non è contrario alle leggi di Dio, e della Chiesa; in una parola, nulla lascio intentato per compiere i miei penosi e difficili doveri. Mi auguro, che il mio successore sia più fortunato, e che l'orizzonte si sgombri delle nubi, che si addensano*
La posizione del Tiberi a Roma era già da tempo scossa: la porpora cardinalizia non era stata un segno di favore, ma il modo per sostituirlo senza scandalo a Madrid. Lettere come queste non potevano piacere a Roma, dove il vescovo di Leon era sempre considerato il campione della causa cattolica in Spagna, e dove, pure mantenendosi un riserbo prudente, tanto si sperava nella vittoria di don Carlos.
Nella congregazione cardinalizia tenutasi il 5 febbraio 1834 dinanzi a Gregorio XVI, con l'intervento dei cardinali Pacca, de Gregorio, Giustiniani (predecessore del Tiberi nella Nunziatura di Madrid), Macchi, Sala, Bernetti, Segretario di Stato, appariva chiaro che il Tiberi era in decisa disgrazia. Lo si disapprovava per avere ancora usato delle facoltà di nunzio che più non possedeva, pure ritenendo di doversi convalidare quanto da lui fatto, e di ridargli quelle facoltà, fino a che non fosse chiarita la posizione del nuovo nunzio. Si confermava non doversi per ora riconoscere Isabella II. Il verbale recita che il cardinal Bernetti
esterni esservi degli indizi per creder che quel porporato [il Tiberi] avesse con soverchia facilità deferito ai desideri della regina e del ministero perchè amava di tenersi bene con tutti, ed il S. Padre confermò la stessa cosa. Tuttavolta rimase ferma la risoluzione di temporeggiare, non potendo trascorrere gran tempo senza che si vegga qua] piega prenderanno gli affari di Spagna.
Due mesi più tardi, sebbene il nunzio Amat non fosse ancora stato riconosciuto, e con dispaccio 7 gennaio 1834 avesse comunicato che, giovandosi del ministro d'Austria conte Brunetti per chiarirsi delle intenzioni del governo spagnolo, aveva appurato che queste erano di non restituire col pose, il breve da cui mons. Amat traeva le sue facoltà spirituali di Nunzio, se egli non presentasse le credenziali per la nuova Regina, di continuare a trattare col cardinale Tiberi, se questi chiedesse i passaporti di darli tanto a lui che al nuovo Nunzio e di rompere così le relazioni. La Segreteria di Stato autorizzava il Tiberi a tornare in Italia, ed il 26 maggio 1834 egli lasciava Madrid. Il governo spagnolo non attuava il proposito manifestato al ministro austriaco di fare allontanare anche il nuovo nunzio.