Rassegna storica del Risorgimento

1848-1849 ; DIPLOMAZIA ; DUE SICILIE (REGNO DELLE) ; SARDEGNA (
anno <1947>   pagina <35>
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Napoli e Tonno tra rivoluzione e reazione 35

invocava l'intervento di quattro Potenze cattoliche. Austria, Francia, Spagna o Napoli, per ristabilirò il potere temporale dei Papi. Inoltre, si avvicinava il termine delle trattative per la Sicilia e l'evenienza di dovervi riprendere le opera­zioni. Il precipitare, infine, della situazione nell'Italia centrale con la proclama­zione della repubblica a Roma (9 febbraio) e la fuga di Leopoldo LT dalla Toscana (21 febbraio) rendeva probabile il ricorso alla maniera forte.
Truppe napoletane e materiale bellico cominciarono, la prima metà di febbraio, a passare da Gaeta per andare ad ammassarsi sul confine romano. Il Governo napoletano si legava sempre più strettamente con le Potenze reazionarie, allonta­nandosi in pari grado dal Piemonte. Il re stesso veniva spinto ormai decisamente su questa via dal continuo contatto con la camarilla pontificia di Gaeta.]) La partenza bruscamente imposta il 3 febbraio al Ludolf junior da Torino dopo l'incidente Plezza rese difficile l'atmosfera napoletana a tutti gli agenti sardi, anche quelli consolari, sebbene il Governo conservasse una certa cortesia col Collobiano, il quale, nonostante gli ordini, aveva creduto bene > e i fatti non gli diedero torto di astenersi dal presentare le lettere di richiamo. L'inter-ruzione dei rapporti diplomatici assumeva addirittura l'aspetto d'un véritable état d'hostilité, come scriveva il Collobi ano.2) H Rayneval, ministro francese a Napoli, perorava presso il Martini e presso il Cariati la causa del riavvicinamento. Ma la protesta del generale Chiodo contro l'esclusione del Piemonte dalle Potenze chiamate in aiuto dal Papa (23 febbraio), e, assai più, il proclama di guerra del 12 marzo riaccesero a Napoli le passioni antipiemontesi. Mentre parte del popolo esaltava il coraggio del regno subalpino, i circoli responsabili la cosiddetta società erano angustiati da terrore e gelosia. Terrore per un'eventuale vittoria sabauda, che avrebbe posto in fermento il Paese, già diviso tra l'esercito, le Camere e il Ministero in perenne opposizione; gelosia pel prestigio che il Pie­monte riacquistava agli occhi di tutti gli Italiani.3) Inoltre si paventava che la Sicilia ne ricevesse incentivo ad aumentare la resistenza alle pressioni che le veni­vano ora fatte anche dalle Potenze mediatrici.
Gli ammiragli Parker e Bau din avevano infatti presentato a Palermo un pro­clama, in data 28 febbraio, in cui Ferdinando prometteva un'amnistia generale, uno statuto sulla base di quello del 1812, un'amministrazione autonoma, e chie­deva che le truppe napoletane, oltre i luoghi occupati, presidiassero Siracusa, Trapani, Palermo e Catania. Questo ultimatum fu respinto dal principe di Butera, capo del Governo siciliano, come mandato da un potere non riconosciuto, anzi condannato da tutta l'Isola. Nuove istanze del Tempie e del Rayneval non valsero a nulla. Il 24 marzo il Parlamento siciliano confermò il rifinto fatto dal Governo. L'azione militare borbonica riprese per ricondurre l'Isola sotto l'antico dispo­tismo. *)
Nel contempo, la notizia del disastro di Novara confermò Ferdinando nella intrapresa opera di restaurazione del vecchio regime. Un suo diplomatico, il Ludolf, collaborò attivamente all'opera della Conferenza, che, riunitasi in Gaeta per la prima volta il 30 marzo, aveva di mira un accordo tra Francia, Austria, Spagna
J) Martini, passim.
2) Colluttano, 7 marzo 1849.
3) Martini, Napoli, 10 marzo 1849, n. 51.
4) Martini, Gaeta, 23 marzo 1849, n. 61; BUNCHI, op. ciu, VI, 60-63.