Rassegna storica del Risorgimento
AZEGLIO, MASSIMO TAPARELLI D'
anno
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1947
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pagina
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173
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Come sono nati I miei ricordi 173
capitale ecc. Non l'ho ancora riletta tutta.1) Se rileggendola mi va, la stampo. Se no, sotto il camino. Del resto questo [Pisa] è il vero paese per chi vuol riposare capo e membra da una vita tempestosa... Quanto a Roma capitale ne combatto l'idea nel mio scritto. E lo stesso che mettere una sposa giovane nel letto dov'è morto un vecchio petecchioso! Ma, al solito, dispongono dei paesi senza nemmeno averli visti!. 2) Il suo piemontesismo, la sua antiromanità e lo spettacolo di quel che accadeva a Napoli, non bello spettacolo, veramente, e non proprio o non solo per colpa dei Napoletani, esasperavano sempre più il suo malumore e la sua incomprensione.
L'affare di Roma non è che un tiro mazziniano, e ci si son gettati da corbelli quelli ai quali era teso il laccio! Furbi! Mi pare, però, facile a capire che quel che s'è fatto in Italia è dovuto non ai talenti, ma ai caratteri, e la picce de resista/ice siamo noi! A cose finite, si liberino di noi se vogliono, ma bisogna essere quelli per mettersi ora a fare di simili cambiamenti. Il male è che se col nostro carattere s'è smossa la montagna che avevamo addosso, ora bisognerebbe saper farsi amare e stimare nell'ordinarc tanti elementi disparati. E questo non lo sappiamo fare. Hai ragione che, per un verso* è poca generosità a dire: si stava meglio prima, ma, a dirla fra noi, che nessuno ci senta, s'è tanto gridato contro il Governo di Roma, Napoli, Modena ed i Borboni d'allora: ma vivadio, se n'è fatte e se ne va facendo ora, da darne dei punti al cardinal Antonelli. Per me, t'assicuro, certe volte mi par d'essere a Roma. Non vogliono capire che in Italia c'è un fondo onesto nelle moltitudini. Difatti, il Ministro come il Padrone, a riputazione si sta maluccio: e va sempre peggiorando. Chi lavora a quella maniera non pud far fiaschi. Noi si. ora mi arriva questa dimissione del ministero, e non vorrei che fossimo al patatrac finale. Già non han voluto dar retta a chi conosceva l'Italia. Io tra gli altri ho sempre detto che Napoli non ne voleva di questa faccenda, e di 11 è cominciato il male. E ora con tutte le furberie a che cosa siam venuti, o almeno a che ti pare vicini a arrivare? Al compimento del più ardente voto dei mazziniani, levare la forza al Piemonte, e portarla nel loro campo! Ah, perdio, sono proprio bull! Se si va a Roma è affare fatto. Ma spero ancora in Napoleone, o meglio in quegli imbecilli di legittimisti e papali, del Senato e Assemblea che forse riusciranno a farci del bene, volendoci fare ogni male. s)
1) Questioni urgenti. Pensieri, ora in M. DE RUBBIS, Scritti e discorsi cit.. voi. Ili, pp. 335-396.
2) Al fratello Roberto, 19 febbraio 1861, in COLOMBO, OP. cf-r-, voi. II, pp. 468469* al figlioccio: Ho stampato un opuscolo su varie questioni, questa volta mi lapidano! Che non voglio la capitale a Roma. Credo, però, che tu non la penserai altrimenti, benché Quirite. Conosciamo le pecore, e per ora la meglio è restare alla Mecca. Col disordine che c'è nell'amministrazione, ci mancherebbe altro che trasportarsi in quella Babilonia. Prima che pubblicassi, la mia idea s'è saputa, e da Roma e da Torino mi hanno scritto lettere di fuoco, due Romani: Ma io che ho il vizio come sai di voler dir anch'io quel che mi pare, ho tirato avanti : inedita, 11 marzo 1861, in M. C. R., Roma.
3) Al fratello Roberto, 21 marzo 1861, in COLOMBO, op. cit., voi. II, pp. 469-470. E al Pacctti, il 7 luglio, sullo stesso metro: Quanto a Napoli, la sapevo prima che vi si andasse. Mai i cafoni in massa hanno avuto voglia d'unirsi al Piemonte, e per questo ho sempre creduto che passar il Tronto, come aiutare Garibaldi, è