Rassegna storica del Risorgimento

AZEGLIO, MASSIMO TAPARELLI D'
anno <1947>   pagina <178>
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178 Alberto M. Ghisalberti
si sono fatti ammazzare, per quanti difetti avessero questi due re. Ma né l'uno, né l'altro usavano a far cavalletta a chi si sacrificava per loro; *> E al fratello Roberto: Mi pare inutile il parlare di politica poiché mi par certo che su tutto quello che è succeduto e succede si dovrebbe pensarla allo stesso modo. Ora se sapranno tener ben stretto il coltello che hanno per manico si camminerà: se poi in grazie ai com­pari, e più alle comari torneremo ad avere per amico di casa Mazzini, allora chi è causa del suo mal ecc. Certo che a vedere come lavora barba Vittorio si direbbe che la corona gli duole come può dolere un dente e che non vede l'ora di levarselo. 2) Creato il mito del re galantuomo, l'Azeglio contribuiva a demolirlo per conto suo.
Era avvenuto ormai l'arresto di Garibaldi e, riprendendo un altro dei temi fondamentali del suo credo politico fin dai tempi degli Ultimi casi di Romagna (una volta stabilite le leggi, il Sovrano deve dire ai sudditi: dal maggiore all'infimo tutti le dovete ugualmente ubbidire), a chi gli faceva intravedere l'eventualità di disordini, rispondeva: C'è per questo il Governo, l'armata, i Reali Carabinieri: ma finché non sta­biliamo il dominio assoluto, inevitabile della legge eguale per tutti, sarà un cambiar padroni, ma non fare l'Italia libera e indipendente. 3)
Da questa condizione d'inquietudine e di scontento ha la spinta ultima a tentare di metter ritratti di personaggi esemplari sotto gli occhi del maggior numero possibile d'Italiani; di quegli Italiani così cari al suo cuore, ma ridotti da tanti secoli di mal governo a un doloroso grado di ignoranza, mancanza di carattere, gelosiucce, invi-diette, scioccherie di ogni razza. Non per propria colpa, ammetteva, e,
*) PEHSANO, op. cit., p. 150.
2) Lett. cit. del 7 settembre, COLOMBO, Carteggi e documenti, cit voi. II, pp. 473474. Ved. anche per un'idea del suo stato d'animo la lettera alla Targioni Tozzetti del 7 giugno 1863, in DB RUBBIS, Confidenze, cit,, pp. 276-277. In altre lettere il He non è solo barba Vittorio, il Padrone, ecc., ma, con ancora minor rispetto, l'amico della Rosin. U 31 ottobre 1855 (inedita, in M. C. R.), nell'av-vertire il Ferretti della sua prossima partenza per Parigi e Londra al seguito del Re aveva scritto, a proposito di quest'ultimo.: La sua salute è rimessa assai bene: purché non faccia buggerate nuove che lo rovinino.
3) A Diomede Pantaleoni, 23 settembre, in FAXDEMÀ, Carteggio, cit., p. 454; ved. ivi, p. 458, anche l'altra del 17 ottobre, non meno chiara al riguardo. Cfr. con Miei ricordi, p. 355: E non mi stanco di ripetere che le leggi suddette si ri­spettano e s'osservano dai popoli, quando ne danno ad essi 1 esempio i principi, i capi degli Stati, le amministrazioni e tutti gli individui e le classi poste in alto. La liberta, l'indipendenza convien cercarle e conquistarlo come condizioni essenziali della vita d'ogni nazione; ma bisogna non dimenticare però che se gli individui non hanno un valore morale proprio, tutt'il resto non serve a nulla. 0 non s'ot-!.u;J;=;,'. -.! corrompe, o si perde i