Rassegna storica del Risorgimento
AZEGLIO, MASSIMO TAPARELLI D'
anno
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1947
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pagina
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182
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182 Atbrto M. Ghisalberti
Gli elogi della moglie, molto competente in linea di gusto, come le scriveva, e il furore destato nel pubblico lo confermarono nell'idea di poter una volta o l'altra accingersi ad un più vasto lavoro autobiografico. Al momento opportuno, infatti, di quel successo si rammenterà nei Mici ricordi, ove il sor Checco troverà posto con altri minori, ma non meno vivaci e coloriti compagni di gesta, sebbene in fondo abbia ragione il Tabarrini quando nota come le narrazioni semplici dei Racconti, divenute episo-dii di più gran quadro, non raggiungessero più quelle finezze dell'arte prima toccate. *) La parte dedicata alle vicende romane, Castelli compresi, è certamente la più viva e la più interessante dell'autobiografia azegliana, ma quando la si confronti con quella prima stesura, si sente in questa una più sicura immediatezza, una maggiore felicità d'espressione. Si guardi, per limitarci a due esempi, l'incontro del 1845 con la sora Nina nella redazione dei Ricordi e in quella dei Racconti, ma soprattutto, si rilegga in questi ultimi la drammatica scena dell'interrogatorio di Andrea Pigna, omessa nell'autobiografia, con quel grandioso finale: La volete sapere, caro sor canonico?... Se moro... addio... gli perdono... e non serve altro... Ma se campo... me lo voglio ammazzar da mene! L'avete capita ora?... U prete, il giudice, tutti noi ci guardammo in viso, corbelli più di prima, e mi parve leggere nello sguardo della madre un non so che di contento, che avrei interpretato ali'incirca in questo senso: Sei della mia razza, e parli da quel che sei!.... 2)
Nei Racconti la preoccupazione era soltanto artistica; nei Ricordi l'artista deve troppo spesso cedere il campo al moralista ed al politico, ansioso sempre di fronte al problema per lui essenziale della trasformazione del carattere italiano. Per me, finché non vedo la stoffa migliorata, tutto il resto poco mi consola... Ora [dopo la Cernaia e le buone prove data dai Fiorentini durante il colera di quell'anno] comincerò ad avvedermi che il '48 non fu perduto e che i caratteri si vanno temprando, aveva scritto al Galeotti parecchi mesi prima di mettersi ai Racconti. Ed erano ancora rose e fiori, come abbiamo veduto.3)
1) Ved. Miei ricordi, p. 333, per il ricordo del successo antico, e M. d'AzE-ciiio, Scritti polìtici e letterari, Firenze, 1872, voi. II, p. 178.
2) Vcd. Miei ricordi, pp. 371-372, e Racconti (ed. De Rubris, cit.) pp. 155-157, e per la scena del Pigna, pp. 140-143. Cfr. anche le seguenti pp. dei Miei ricordi con quelle dei Racconti indicate tra parentesi: 81 (82), 155 (82), 283 (127-131), 284, (129), 345 (9),'347 (124), 348 (125, 126), 351 (119, 120), 352 (122), 353 (136, 139), 354 (150, 152, 153), 363-364 (39-40, 41), 365 (50, 52), 366 (52), 367 (44), 368 (49), 369 (78), 404 (86, 7-8) 415 (82).
3) 16 settembre 1855, DB RUBBIS, Carteggio politico tra M. d'A, e Leopoldo Galeotti dal 1849 al 1860, Tarino, 1928, p. 92.