Rassegna storica del Risorgimento

TOSCANA ; CAPECE MINUTOLO DI CANOSA ANTONIO
anno <1947>   pagina <212>
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Achille De Ruberlis
che trovavasi noi mese di Ottobre.,, senza cioè essere giudicata o degna o indegna dei tipi toscani. A traverso che sia pienamente convinto di ciò, siccome tutti gli uomini sono chi pia, chi meno impazienti, a me pure è scappala la soffe­renza nel rincontro. Questa mia dunque è destinata a pregarla che non si dia ulteriore pena per la revisione della mia opero, ma che abbia la compiacenza di passare il mio manoscritto nelle mani del Signor Attilio Zuccargni 0riandini, che avrà il bene di presentargli questo mio foglio, e che avrà cura di farmelo pervenire in Pisa.
Sono intanto veramente dispiaciuto noli1avere dovuto darle mal volentieri una noiay che avrà sicuramente accresciuti i suoi incomodi. Ella tanto giusto conoscendo per altro essere tutta estranea da me ogni colpa saprà compatirmene. Mi onori di qualche suo comando, e creda quale passo con piena stima a ripetermi
Pisa ai 20 di Dicembre del 1817 HPRI
Aff.o Ob.o Servo
Il Principe di Canosa. R.mo Padre Mauro Bernardini delle S. P. Regio Revisore Firenze.
Se non che, lo stesso giorno 20 dicembre, il p. Mauro aveva trasmesso al Puccini, col manoscritto, l'estratto di alcune osservazioni, che sottoponeva alle sue vedute e considerazioni, potendo dipendere l'approvazione dell'opera del Ca­nosa anche da vari elementi ad essa estranei. L'autore, mosso dal desiderio di giustificare la propria condotta, insisteva nel dimostrare che aveva seguito il partito dei buoni in opposizione agl'incostanti e cattivi portamenti dei suoi avver­sari. Lo spirito dell'opera in se stesso, aggiungeva il censore, è buono, qua­lunque sia quello dell'autore; l'opera però ha un argomento falso, contradetto dai fatti. La nobiltà ed il clero si sono portati bene contro l'asserzione dell'autore. Ciò indica che ha voluto parlare del clero e della nobiltà che egli precisamente conosce, forse il clero e la nobiltà napoletana, ma il titolo generico è ingiurioso ai due ceti. Vari principi dell'autore si oppongono ai sistemi governativi della Toscana. I principi ed i governi in generale compariscono agitati da uno spirito di cecità e di stoltezza. Alcuni tratti specificati sono ingiuriosi ai viventi sovrani. Le espressioni franche intorno a Buonaparte e famiglia possono dispiacere. H Canosa insomma manifestava la sua opinione intorno al decadimento della nobiltà e del clero, che faceva derivare dalla smania del dispotismo e dalla licenza popolare. Sosteneva esser necessario mantenere l'ordine gerarchico della religione e e distinguere con nuovo splendore la nobiltà per render più stabile il sistema monarchico, esponendo sommariamente gl'inconvenienti politici che nascono dal disprezzo dell'una e dell'altra operazione .
L'autore s'era ostinato a volere un sì o un no per la permissione della stampa dicendo di trovare il suo tornaconto così nell'uno come nell'altro caso. Alle obie­zioni fattegli sulle incoerenze del suo scritto, per scoraggirlo all'impresa, aveva risposto che questo non poteva essere inteso che da lui stesso. Sembrava giuoco politico. Amato da don Francesco principe ereditario di Napoli, voleva egli tro­vare nei sentimenti del re di Spagna Ferdinando VII (cui l'opera era dedicata), analoghi a quelli da lui espressi, un appoggio alle sue speranze ed ai suoi disegni? Qualora all'illuminato Governo toscano paresse indifferente la pubblicazione di tal libro, conveniva togliere, nel testo e nelle note, quei tratti che potessero urtare