Rassegna storica del Risorgimento
"SICILIA (LA) NEL RISORGIMENTO ITALIANO"; GIORNALISMO
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1947
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pagina
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264
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264 Libri e periodici
anche del Baldasseroni) consisteva in origine in una tacita intesa antirivoluzionaria tra gli stati stessi, ma, intervenuto nella questione il duca di Modena, la faccenda si complicò. Francesco V sognava infatti una confederazione italiana, unita a quella germanica, mediatrice l'Austria, che costituisse un solo corpus in materia doganale, con propri ordinamenti legislativi e con un esercito omogeneamente organizzato. Questo piano incontrò logicamente le più vive diffidenze da parte dello Schwarzen-bcrg, e gli stessi stati italiani non se n'entusiasmarono troppo.
Specie la corte borbonica fece di tutto per far andare a monte le trattative. Re Ferdinando ed il Fortunato promisero infatti dapprima al Baldasseroni ed al Mal aguzzi di apporre la loro firma al documento che questi ultimi due, dopo interminabili discussioni e correzioni, erano riusciti a far accettare all'Antonclli, ma invece di ciò ecco saltare fuori un progetto napoletano!
Quali le ragioni di questo voltafaccia? Antipatia verso l'Austria costituzionale da parte del re perchè lo Scbwarzenberg non aveva consigliato al De Marsilio un'esplicita abolizione giuridica dello Statuto abrogato già di fatto? Velleità egemoniche da parte di Napoli sulla penisola, perchè nel nuovo progetto presentato si volevano escludere dalla lega l'Austria e un Piemonte ridiventato assoluto ? Tendenza a chiudersi in una splenditi isolation, disancorando la politica del Regno delle Due Sicilie posto tra l'acqua santa e l'acqua salata, da quella italiana in particolare e quella europea in genere? Certo, questi moventi non sono da escludersi a priori, ma il M., con grande acume, vi scorge soprattutto un indizio della Realpolitik della Corte borbonica: ... in quel momento Ferdinando II basava la propria politica estera sul dissidio franco-inglese, sempre vivo nel Mediterraneo, appoggiandosi a Luigi Napoleone come ad un sostegno contro un eventuale gesto di forza tentato ai danni napoletani dal Palmerston. Pertanto, il re di Napoli era interessato a che, nelle grandi questioni internazionali, Austria e Francia fossero d'accordo. Nel suo innegabile intuito, Ferdinando II comprendeva che una lega italiana sotto l'influenza dell'Austria avrebbe mutato completamente la situazione: di fronte alla minaccia di un capovolgimento dell'equilibrio Francia e Inghilterra si sarebbero ritrovate a lato, contro l'Austria, nello stesso campo .
Grazie al lavoro del M. possiamo dire con sicurezza che la tesi del Bianchi secondo la quale Schwarzenberg avrebbe avuto l'intento di allacciare stabilmente alla propria politica gli Stati italiani mediante una lega (VI, 305) è male impostata. Non direi però che la paternità se ne debba far risalire al Baldasseroni: infatti il ministro granducale caso mai pensava a qualche cosa di simile a quello che ai fece a Verona, a Troppau, a Laybaeh (113). E pertanto sempre alquanto nel vero il Bayard De Volo, ripreso anche dallo Stern: idealmente l'origine della lega risale al duca di Modena che ebbe un fedele interprete nel Malaguzzi, ed il Baldasseroni appunto perchè costui gliene parlò a Vienna, ne venne a conoscenza e se ne entusiasmò, come si vede in un dispaccio da Parma del 6-2-51 del plenipotenziario modenese (137, nota).
Concludendo, il M. ha il merito di aver ricostruito un interessantissimo periodo della storia diplomatica degli Stati conservatori della penisola, quando questi ormai erano entrati in agonia, trattandosi di morii (per servirci di un'efficace immagine del Malaguzzi) di fronte all'unico stato vivo d'Italia. L'autore accintosi all'opera con vasta informazione bibliografica, con lodevole ed esemplare diligenza (basti pensare che il M. ha metodicamente esplorato gli archivi di Firenze* Modena, Napoli, Torino e Vienna), con non comune intuito, ci ha dato cosi un libro scritto con cautela e senza strafare, non ricco di giudizi, ma quei pochi che vi sono tutti impregnati della ferrea logica che scaturisco dalla conoscenza dei documenti.
Qualche svista che segnalo a puro titolo di cronaca: a pag. 14 il M. dice che partendo da Napoli Schwarzenberg traversò l'Italia in fiamme per presentarsi al