Rassegna storica del Risorgimento

1720-1731 ; VIENNA (CONGRESSI DI)
anno <1948>   pagina <39>
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La politica estera degli Stati italiani, ecc. 9
Carlo VI sembrò in un primo momento deciso ad affrontare una guerra, piuttosto che a subire la legge degli alleati di Siviglia, e non nascose il suo proposito di occupare militarmente la Toscana se il Gran­duca avesse accolte le truppe spagnole. Inauditi furono gli sforzi della diplomazia toscana per evitare la tempesta, che sovrastava il Grandu­cato. Premuto e sollecitato dai due contendenti, sospettato dalla Spagna e dal suo invadente agente in Firenze, fra Salvatore Ascanio, di aver chiesto l'aiuto austriaco, accusato da Carlo VI di condiscendenza verso le pretese delle corti borboniche, Gian Gastone dovè dibattersi durante l'intera primavera del 1730 in difficoltà assai ardue, per impedire che il suo stato fosse definitivamente travolto dalla crisi. L'Austria con­centrava truppe nel Mantovano, la Spagna allestiva una flotta a Bar­cellona che avrebbe dovuto muovere le vele verso Livorno e affrettava nuovi preparativi militari, non nascondendo le proprie mire su Napoli e sulla Sicilia.
Al mantenimento della pace concorse in primo luogo la disunione dei collegati che impedì l'attacco a cui spingeva la Spagna, vi contri­buirono gli sforzi pacifici del nuovo Pontefice, Clemente XII Corsini, Che attraverso i nunzi a Vienna, Madrid e Parigi rivolse esortazioni vivissime in tal senso a Carlo VI, a Filippo V e al Fleury, ma il merito precipuo fu della diplomazia britannica.
L'Inghilterra, che già a discapito della Francia aveva ottenuto un vero trionfo con il trattato di Siviglia, tenne e questa volta all'in­saputa del Fleury a guadagnare decisamente la partita europea, premendo su Vienna. Il prestigio acquistato dalla Francia per la sua decennale opera di mediazione preoccupava da tempo la diplomazia inglese: e il nuovo capo del gabinetto di San Giacomo, il finanziere Ro­berto Walpole, era interessato a che la riconciliazione d'Europa avvenisse anche questa volta sotto l'egida della Gran Bretagna. Si comprende perciò come, rompendo con le direttive di politica estera perseguite dal Tovrashend, egli prendesse l'iniziativa di trattative dirette con Carlo VI. Poiché l'Austria subordinava ormai la propria politica estera al rico­noscimento della Prammatica Sanzione da parte delle potenze euro­pee riconoscimento che, come è chiaro, era determinato non solo e non tanto dall'interesse dinastico o dall'affetto di Carlo VI per la sua primogenita Maria Teresa, quanto e sovrattutto dalla speranza di evi­tare Io sfasciarsi della compagine austriaca, con la creazione per gli. stati ereditari degli Asburgo e per i più recenti acquisti della monar­chia di una nuova ed unica legge fondamentale che ne garantisse la indivisibilità l'Inghilterra si mostrò disposta a seguirla su quel