Rassegna storica del Risorgimento
CAVOUR, CAMILLO BENSO DI
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1948
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pagina
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122
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122 Libri e periodici
G. FALCO Giuseppe Mazzini e la Costituente, 1916 pp. 148. Dai primi documenti mazziniani, giù giù, attraverso il '48, la Repubblica romana, questione dei. Ducati e plebiscito meridionale, convenzione di settembre, Venezia, Roma capitale, il Falco sepie con acuta e pensosa meditazione, l'idea che il Mazzini ba della Costituente. Naturalmente il Falco è storico troppo scaltrito per ipostatizzare quell'idea; essa è difatti seguita nei mutamenti e adattamenti varìi ai contingenti momenti storici. Tutta la narrazione è controllata dalla chiara coscienza di quello che è l'equivoco mazziniano: l'assenza dalla Patria, l'ansia di tradurre in pratica la sua intuizione, la rigidità del sistema, gli tolsero di comprendere le reali condizioni della società italiana del suo tempo, la storia che si svolgeva sotto i suoi occhi, egli volle sostituire ad una rivoluzione essenzialmente borghese, qua! era quella del Risorgimento, ima rivoluzione di popolo: d'onde le sue amare delusioni. Ma quello che ai tempi del Mazzini fu un passo non proporzionato alle reali forze politico-diplomatiche, è divenuto secondo il Falco - di un interesse immediato; la coscienza cioè mazziniana che il Risorgimento non era una rivoluzione riuscita; era solo una formazione unitaria ottenuta dall'esterno, con le sole forze militari e con susseguenti illogiche uniformità amministrative.
P. ZAMA, Vincenxo Gioberti ed il problema della Costituente, 1946, pp. 160. Accurato esame del pensiero del Gioberti di fronte al problema della Costituente. L'autore ci parla del concetto giobertiano di una Costituente lontana da soluzioni democratiche (per il tempo giobertiano, democratico equivale a giacobino). L'autore insiste giustamente sull'opera e l'azione del Gioberti tutta tesa, nel fatidico '48, all'opposizione di una Costituente popolare; così il solco della divisione fra le due principali tendenze, quella unitaria e quella federale, quella cioè della Costituente sovrana in virtù, dei poteri derivanti dal popolo, e quello della Costituente che consacra l'unione degli stati accettando il principio delle monarchie costituzionali, diveniva sempre più profondo.
A. M. GmsAEBEim, Giuseppe Montanelli e la Costituente, 1947, pp. 344. È l'opera più ricca di riferimenti archivistici e bibliografici (inoltre, tante volte, lettere del Montanelli già edite e poco note sono scovate in riviste, cosi che acquistano quasi il sapore dell'inedito). Il Montanelli prima ateo, poi tornato alla fede di Cristo per opera anche dell'Eynard, neo guelfo (ma distìnguente idea Cattolica da cattolicesimo ufficiale) e moderato (per cui ce l'indole del movimento italiano non è tale da mettersi in testa d'inaugurare la Repubblica colla violenza, come scriveva al Fahrizi) e propugnatore di una Lega; indi ant'-temporalista dopo i fatti di Roma ( se Papa non può né deve ferire nessuno. Ma qui appunto apparisce l'incompatibilità del potere spirituale col potere temporale) e fervente sosten:tore di una Assemblea che a guerra finita risolva il problema unitario (è ormai persuaso nello scrivere ad un amico che l'insegna repubblicana è la sola colla quale si possa combattere l'anarchia); indi propugnatore di una Costituente popolare che serva essa stessa a spingere e risolvere il problema della guerra che ha da essere non regia ma popolare, e indi, dopo il crollo delle Bue speranze di una nuova Italia nata dalla sovranità nazionale, simpatizzante con una tipica forma di socialismo politico e di cosmopolitismo etico; infine murattista; questo molteplice Montanelli è studiato dal Ghisalberti sulla base di una ricchissima documentazione e di una calda simpatia umana, in modo tale che la figura ricca di fascino del Montanelli, è delineata con nettezza e giustificata nelle sue sincere e convinte metamorfosi.
F. BRANCATO, L'Assemblea siciliana del 1848-49,1946, pp. 164. Con amorevolezza il Brancato ristudia la fortunósa esistenza dell'Assemblea Siciliana del '48-*49, inquadrandola nelle aspirazioni isolane all'autonomismo. L'autore illustra sia la maturità politico-costituzionale degli uomini che ressero la Sicilia nei due anni, sia la deficienza di non aver sentito il problema diplomatico con più realismo: cosa quest'ultima che fini per provocare il crollo di tante speranze nei Governi liberali dell'Europa del tempo.