Rassegna storica del Risorgimento

CAVOUR, CAMILLO BENSO DI
anno <1948>   pagina <124>
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124- Libri: e periodici
circa. Egli sostenne sempre una politica di raccoglimento e d'equilibrio che assicuro in ogni momento all'Italia una linea di tranquilla e dignitosissima azione politica e diplomatica.
Con questo Breve ma succoso quanto crìtico lavoro eoe esce nella nella edizione Marzocco, ampliamento di uno studio pubblicato nel dicembre del 1936, sulla Rassegna di politica internazionale* il Cataluceio intende rivolgere una obiettiva e benevola atten­zione, che è poi una rivalutazione, a quel periodo ed a quella tendenza della'politica estera italiana, per ciò che essa ha rappresentato di illuminato buon senso, di dignitoso senso delle pròprie forze e di concreti risultati politici e diplomatici.
Il Cataluceio tratta dapprima velocemente della giovinezza, della formazione e degli inizi della vita politica del Visconti Venosta, il quale, dopo le prime battaglie mazziniane e garibaldine, si allontana nettamente dal Mazzini per i sopravvenuti nuovi ideali più moderati dopo la rivolta milanese del 6 febbraio 1853, e si comincia ad affermare nella diplomazia italiana accompagnando il Pepoli a Parigi nel 1860 per discutere la questione delle annessioni, recandosi quindi a Napoli per conto del Cavour assieme al Nisco, al Persane, allo Spaventa, allo scopo di svegliare e preparare l'opi­nione pubblica e possibilmente suscitare un moto unitario prima dell'arrivo di Gari­baldi sul continente; e tornandovi col Farmi Luogotenente delle Provincie napoletane.
Il Cataluceio segue quindi l'attività del Visconti Venosta alla direzione della politica estera italiana nelle sue fasi più importanti. Innanzi tutto la Convenzione di settembre, nel capitolo dedicato alla quale è evidente che questi studi di storia diplo­matica, se condotti con intelligenza, possono recare un Vantaggioso allargamento degli schemi abituali della storiografia del Risorgimento, la quale, per una maggiore concre­tezza, deve tendere sempre più a considerare il Risorgimento italiano come fatto euro­peo. La Convenzione di settembre - nota l'A. per essere giustamente valutata, non va considerata esclusivamente dal punto di vista della storia della questione romana, ma deve essere inquadrata nel programma del Gabinetto Minghctti-Visconti Venosta per fare uscire l'Italia dall'isolamento. Programma con prevalenti finalità anti-austria-che. Del resto, possiamo aggiungere, i due punti di vista: quello della politica estera di cui era portavoce il Venosta, e quello della politica interna di cui fu forse il massimo rappresentante nel gabinetto Silvio Spaventa, si completano; dal punto di vista interno, infatti, lo Spaventa sosteneva la necessità della Convenzione: re dello spostamento della capitale da Torino in vista della esigenza di spiemontizsarè In politica italiana e renderla, com'egli diceva,veramente italiana.
Ancora alla testa della politica estera italiana, il Venosta si trovò quando l'Italia riuscì finalmente ad ottenere il Veneto, e la sua azione dovè esplicarsi tra le mille difficoltà diplomatiche causate dalla disastrosa campagna militare e dalla particolare situazione italiana agli inizi della sua politica di nazione indipendente ed unita; e quando, approfittando della crisi attraversata dall'egemonia politica francese, raggiungemmo la tanto sospirata capitale, Roma.
Gli ultimi capitoli del lavoro sono dedicati a quella politica di raccoglimento e d'equilibrio della quale il Visconti Venosta fu fautore e che diresse dal 1870 al 1876, dal 1896 al 1898 e dal 1899 al 1901. Negli ultimi anni si compie ravvicinamento alla Francia, utile per la nostra espansione nel Mediterraneo per nulla favorita né tanto meno garantita dalla Triplice, concepito però sempre dal Visconti nel quadro dell'equi­librio europeo e quindi dell'amicizia anche verso lo potenze centrali. A questo proposito il Cataluceio fa delle precisazioni interpretative di notevole importanza. Corcando ravvicinamento alla Francia scrive l'A. egli non pensava minimamente di passare da un'alleanza all'altra, di rinnegare la collaborazione con gli Imperi centrali, specie con la Germania; intendeva ricondurre la politica italiana alla sua fondamentale caratteristica, al suo compito tradizionale. Solo una storiografia che ha esaminato il periodo 18711914 tenendo troppo presento come punto di riferimento lo scoppio della guerra mondiale ha potuto vedere nella politica del Venosta il proposito di sganciare