Rassegna storica del Risorgimento

CAVOUR, CAMILLO BENSO DI
anno <1948>   pagina <125>
immagine non disponibile

Libri e periodici 125
1 Italia dalla Germania e da II'Austria-Ungheria per inserirla gradatamente nel
grappo opposto di forze . È stato in genere sopravalutato il valore di questo impegno
francese di disinteresse {per le mire italiane sulla Trìpalitania), come delle successive
dichiarazioni analoghe di altri Governi, ai fini dell'impresa libica. Esso è stato inserito
in tutta quell azione della Consulta che si suol denominare la preparazione diplomatica
dell impresa libica. L'accordo italo-francese del 1900 va invece considerato dal punto
di vista dello sforzo della diplomazia italiana per disincagliare la nostra politica da
ogni sistema chiuso di blocchi. Il suo vero significato consiste in ciò. Le preparazioni
diplomatiche troppo remote non raggiungono grandi risultati e le ipoteche a lunga
scadenza non servono. Le reazioni di un Governo contro l'azione di un altro Governo
sono fratto della situazione del momento. Nel 1911 infatti l'atteggiamento di Parigi
non corrispose agli impegni assunti nel 1900 e nel 1902 e se l'opposizione fu contenuta
in lìmiti ristretti Io si dovette, più che a questi accordi, all'impossibilità diplomatica
di compromettersi maggiormente. La vera preparazione diplomatica dell'impresa libica
si svolse nei primi mesi del 1911. È evidente che il Cataluccio, aderendo ad una sana
tendenza storiografica di cui è principale rappresentante POmodeo, vuole reagire alle
lusinghe di nna storiografia demiurgica, che'vede, nella successione cronologica dei
fatti, una misteriosa previggente preparazione delle vie del destino.
Con così giusti criteri, è stato possibile al Cataluccio di tracciare una biografia politica della personalità del Visconti Venosta non solo accettabile ma encomiabile. Ne restano definiti in modo preciso gli aspetti più caratteristici, il valore ed i limiti. Come ampiezza di concezione e rapidità d'intuizione leggiamo nella prima pagina del lavoronon ebbe certamente una grande personalità, ma spiccò per temperamento diplomatico, per capacità d'adattamento, per sicuro orientamento. Uomo adatto più a comprendere certi stati d'animo sereni, quieti della nazione che le impazienze di coloro che, dopo Punita, intendevano che l'Italia raggiungesse rapidamente una grande posizione nel mondo. Prudente, cauto nel gesto e nella parola, interpretò meglio di ogni altro quel bisogno di raccoglimento, di silenziosa, metodica costruzione economico-sociale', di graduale progresso che dominò la maggioranza degli italiani dopo il periodo di tensione, di passione rivoluzionaria del risorgimento. E a proposito del concetto del Visconti Venosta, che fosse e interesse costante della politica italiana che la questione d'Oriente rimanesse sotto il patronato, sotto l'egida del concerto eu­ropeo, in cui l'Italia ha il suo posto, e parità di diritti e di doveri con le altre grandi Potenze, il Cataluccio osserva che concerto europeo per lui significava possibilità di controllare le iniziative altrui senza bisogno di addossarsi gravi responsabilità. La politica di equilibrio, quale egli la concepiva, non era che un aspetto della politica di raccoglimento, un mezzo per tutelare meglio la politica di raccoglimento.
Ma dell'azione politicodiplomatica del Visconti Venosta il Cataluccio non manca di indicare i limiti e le deficienze: e scrive: In politica amico di tutti equivale spesso ad amico di nessuno; le direttive del Venosta avrebbero potuto portare a quell'isola­mento ch'egli tanto temeva. D giuoco era possibile finché acuto era il dissidio tra Ger­mania e Francia; ma' allorché il Bismarck tenterà di migliorare i rapporti franco-tedeschi andando incontro alle aspirazioni coloniali di Parigi, l'Italia si troverà nella impossibilità di opporsi alla combinazione e, in più sfavorevole situazione diplomatica, dovrà impostare nna politica che tra il 1871 ed il 1875 sarebbe stato agevole attuare e che avrebbe prevenuto tante disillusioni. Gli è che il Venosta difettava di entusiasmo nell'azione ed aveva una visione angusta della posizione dell'Italia nella vita europea. Le sue qualità utili in altre circostanze, si risolsero allora in elementi paralizzatori della azione. Stare a vedere, ponderare, soppesare è buon metodo diplomatico se costituisce la fase preparatoria di iniziative, ma fine a se stesso non si giustifica. La sua. diret­tiva politica era: politica estera attiva sì, ma in funzione di vigilanza; evitare le inizia­tive, ma impedire che altri ne prendano in settori dove l'Italia abbia particolari iute-etti. Magnifico programma, ma di difficile attuazione, per il quale sarebbero occorsi