Rassegna storica del Risorgimento
CAVOUR, CAMILLO BENSO DI
anno
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1948
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pagina
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126
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126 Libri e periodici
una forte posizione diplomatica! una grande capacità di manovrare sui contrasti altrui una volontà ferma di inserirsi nel giuoco degli altri e sfruttarne le iniziative.
Comunque,il valore dell'uomo fu grande, e grande la fortuna per l'Italia di averlo a capo della politica estera per tanti anni: egli impostò la politica italiana di grande potenza su quelle basi e su quelle direttive che dovevano condurla alla grande guerra nella più completa preparazione diplomatica tenendo presenti, s'intende, le nostre particolari difficoltà, nel rispetto delle altre potenze europee, nella dignità e secondo le tradì* zioni imposte all'Italia dal carattere delle sue origini di Stato unitario e indipendente. Dello studio del Cataluccio, equilibrato e serissimo, va consigliata la lettura a quanti amano una storiografìa del nostro Risorgimento obiettiva e serena.
PAOLO ALATRI
CARLO MORANDI. / partiti politici nella storia d'Italia; Firenze, Le Mounier, 1945, in 16, pp. 120. L. 70.
Questo studio di Carlo Morandi che reca in calce una breve, ma succosa nota bibliografica, prende gli inizi dal 1861. dopo che in una ventina di pagine, essenzialmente introduttive, l'autore ha trattato delle origini dei partiti italiani. Non molte parole spende il Morandi sull'argomento; e difatti si può facilmente con lui convenire che i partiti politici, come noi li conosciamo, sonò formazioni moderne (p. 8) e, perchè possa cominciarsi a parlare di una loro partecipazione alla vita del paese, con una loro fisionomia, bisogna attendere il 1848 e la nascita di quella Camera subalpina destinata ad essere, in germe, il futuro parlamento nazionale (p. 9) e, infine, nell'età del Risorgimento, non può trattarsi altro che di tendenze, correnti, gruppi, società (p. 10). Brevi giudizi sono, pertanto, dedicati al mazzinianesimo, il cui sorgere segnò la disintegrazione delle vecchie società clandestine italiane, al cattolicesimo liberale che viene dal Morandi soprattutto intravisto come uno stato d'animo, al moderatismo di Cesare Balbo, al federalismo di Carlo Cattaneo. Mentre nulla si può obiettare, a parer nostro, all'affermazione che fu merito del Cavour l'aver dato al moto politico nazionale che a lui si ispirava, nel 1859-60, un carattere duplice, e cioè rivoluzionario verso il popolo e conservatore legalitario verso i governi europei (p. 26), arrischiato ci sembra il giudizio su Garibaldi che, secondo l'autore, sarebbe stato favorevole ad una dittatura rivoluzionaria da esercitarsi in nome del re, senza controlli parlamentari o di stampa (p. 26). Troppo forte era il rispetto per la sovranità del popolo nel condottiero delle camicie rosse, perchè questi potesse pensare alla dittatura: e noi crediamo che se all'indomani della conquista del regno borbonico, in Garibaldi fermentò l'idea di una dittatura rivoluzionaria, essa non doveva apparirgli che come un modo provvisorio di governare, in vista della precarietà della situazione generale. Ma questa non è che una affermazione fatta di volo nel libro, e su cui l'autore non si ferma, e sulla quale non va insistito, in vista dello scarso interesse che ai fini generali dello studio del Morandi essa riveste. La seconda parte, dedicata alla Destra e alla Sinistra, ai radicali e ai mazziniani, al sorgere del socialismo, alla crisi del 1898, al liberalismo giolittiano, all'ingresso dei cattolici nella vita politica italiana, alle scissioni in campo socialista che portarono al costituirsi del sindacalismo rivoluzionario e del socialriformismo. allo svilupparsi del nazionalismo, alla guerra di Libia, conduce il lettore lungo il perìodo dal 1861 al 1914, attraverso una serie di giudizi che sono a un tempo felici sintesi storiche ed enunciazioni vive e incisive. Talvolta il Morandi pone l'accento su qualche periodo o su qualche figura. Il giudizio non perde di oggettività, ma sembra suggerito dalla volontà di voler rispettare degli schemi che sembrano in precedenza fissati come i migliori, e forse lo sono, perchè nella maggior parte dei casi coincidono con l'optimum, o almeno con quel tanto di optimum cui è giusto guardare come a un modello, che ci deve stimolare. Ma, a parer nostro, talune forme di vita politica che si approssimano all'optimum, se rigidamente tese in particolari momenti* diventano, non che improduttive, addirittura