Rassegna storica del Risorgimento
CAVOUR, CAMILLO BENSO DI
anno
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1948
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pagina
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127
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Libri e periodici 127
perniciose. La vita politica, secondo noi, non deve adattarsi a un modello o combaciare con ano schema, anche se schemi e modelli siano forme di vita e di governo, rese palpitanti da una conquista recente degli spirili, e il prodotto di moderne e vive concezioni. Alla luce di quanto più sopra abbiamo detto, non ci sembra di poter andare compiutamente d'accordo col valoroso autore, là dove afferma che con il decennio Crispino la vita italiana conobbe i primi pericoli di una politica che tende a staccarsi dalla realtà del paese (p. 37), perchè a noi, astrazion facendo dalle tendenze autoritarie del Crispi che storicamente non possono negarsi, e ciò sia nel periodo in cui fu al governo sia in quello in cui non lo fu, a noi sembra, dicevamo, che la realtà della situazione del paese, in quel tempo, esigeva quella politica. Non vita politica anemica, non democrazia slombata, dunque, ma forme di vita politica e di democrazia quali lo spirito del paese, con il realismo di manifestazioni, tumulti, insofferenze non inquadrati indubbiamente nei canoni dei doveri tradizionali del cittadino democratico, imponeva con l'automatismo meccanico della legge fondamentale fra le azioni e le reazioni.
Il socialismo italiano, che era stato fino allora patriottico, divorziò dalla politica nazionale e reagì alla politica crispina, individuata semplicisticamente in una politica bellicista, vuota di significato politico, economico e sociale, finendo col raggiungere una fisionomia antipatriottica. Riconosce il Morandi che fu facile agli avversari del socialismo sottolinearne il carattere antinazionale e che i socialisti commisero l'errore di voler concedere troppo poco a taluni valori ideali, quasi per timore di compromettere il loro internazionalismo ed i postulati rivoluzionari (p. 44). Né il fatto di aver combattuto il municipalismo, cosa che non può revocarsi in dubbio, assolve i socialisti da questo errore, il quale peserà sempre su di loro e allorché protervamente si inasprirà, nel 1919, all'indomani della guerra vittoriosa, guerra di popolo dal popolo combattuta e che il popolo aveva tutto l'interesse di esaltare per ricavarne, all'interno e all'esterno tutte le possibili e legittime ricompense, provocherà la dissoluzione del partito socialista italiano, che vedrà le sue bandiere, fino a poco prima impugnate da moltitudini, sparire nella scìa di una vittoria cui non aveva partecipato e alla quale era stato ostile al di là di ogni raziocinio.
Più che ai giudizi sugli altri partiti dal liberale al democratico cristiano, dal clericomoderato al nazionalista quel che a noi interessa nel saggio del Morandi, è quanto ha attinenza al partito socialista; e ciò perchè si può tutti facilmente convenire che questa forza politica, organizzatasi a Genova nel 1892, appariva, sin da allora per dinamismo di idee e di capi, per la luce stessa che sembrava giungerle dai tempi futuri, come quella che avrebbe finito nonostante le remore frapposte dai conservatori, a dominare o quanto meno fortemente influenzare la vita politica italiana. Dall'in-sorgere dei cafoni in Sicilia nel 1893, sorda ribellione che trovò cuori generosi disposti a combattere per lei, da De Felice a Barbato, alle coscienti e civili manifestazioni dei lavoratori alla vigilia della guerra contro l'Austria, ai era snodata la vita del socialismo italiano come un sentiero promettente, e il prevalere di volta in volta delle tendenze riformiste o di quelle sindacaiistc, non riusciva a togliere od aggiungere sostanzialmente forza al grande fiume che sembrava procedere con la placidità maestosa di chi deve giungere ineluttabilmente a un traguardo che è segnato dai tempi più che dai piani di partito,
Giolitti riconobbe questa grande forza che era nel socialismo, e il suo liberalismo si volse, nell'amministrazione quotidiana di governo, a realizzare quanto era possibile dei programmi del partito di Tarati e di Treves senza suscitare eccessive reazioni in campo conservatore. Così placidamente incanalato il socialismo avrebbe finito col tempo a realizzare ì suoi programmi, e l'Italia avrebbe forse finito con l'assistere ad un esperimento di monarchia socialista.
Ma Venne la guerra, e dinanzi olla guerra il socialismo italiano non seppe prendere posizioni che non fossero equivoche e che non si risolvessero in aspetti odiosi. Giustamente il Morandi riconosce che lo scoppio della guerra 1914-18 segnò la sconfitta dei