Rassegna storica del Risorgimento

ROSSI GABRIELLO ; SOCIALISMO
anno <1948>   pagina <178>
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Armando Salila
pronta por miseria a rumoreggiare ogni qualvolta può credere di ritrarre vantaggio per sé o dal disordine o dallo scompiglio (II, 18) e quindi bisogna favorire l'aumento del numero dei cittadini proprietari ed agiati: essendo di loro natura conservatori 0 egli Vede in essi i veri sostenitori dello Stato.
Non clie il Rossi neghi la necessità di una classe manifatturiera ma dà la preva­lenza a. quella agricola. Ripigliando una tesi cara ai fisìocratici francesi, egli vedo nell'agricoltura l'unica fonte di ricchezza. I beni naturali hanno una qualità che è loro essenziale, e che li fa distinguere anche par ciò che spetta la produzione: in fatto essi soli, siccome sono da Dio, producono veramente, mentre che i capitali ed il lavoro non fanno che sviluppare, modificare, manifestare, rendere a tutti generali e servibili le produzioni della natura; e questa facoltà de* beni naturali di produrre spontanea­mente, è pur dotata di un'altra suprema qualità, che Dio Bolo poteva concedere, la permanenza, o la costanza, che dà alla produzione naturale direi quasi il carattere di una eternità relativa; ed è di più da notarsi in fatto, che i beni naturali non perderanno mai niente di questa loro facoltà produttiva, e mai non si potranno consumare o di­struggere, perchè Dio ha dato all'uomo la facoltà di modificarli, o di usarli, ma non potenza di distruggerli o di annientarli, l'uomo può trascurare di impossessarsi della rendita dei beni naturali, ma questa sarà permanente e duratura ed esisterà anche là, dove essa non apparisce (II, 335).
La concezione ricardiana della rendita è così criticata: essa non è la differenza fra il costo della derrata e il suo prezzo di mercato, ma ce tutto ciò che emerge dalle forze produttive dei beni-naturali (DI, 334). Questa concezione nel pensiero del Rossi è di capitale importanza: chiarisce il senso ancien regime della proclamata funzione sociale della proprietà. Il concetto ricardiano della rendita avrebbe, infatti, potuto sì dare un carattere sociale alla proprietà, ma nel senso di un diritto della società di in­tervenire a diminuire e a modificare certi vantaggi da essa stessa dati. La concezione del Rossi libera invece i proprietari da ogni dipendenza verso la società e riduce la proclamata funzione sociale a un senso puramente negativo ossìa non diritto della società sulla proprietà ma della proprietà sulla società. In altri termini, la proprietà non è oggetto, ma soggetto della società. Se la proprietà non è come voleva Proudhon un furto, ma il dono di Dio, l'unico obbligo, pertanto, che pesa sui proprietari è quello derivante dalla legge divina della carità: contrarie dunque alla vera natura delle cose sono le attuali tasse, le quali, anziché essere spese pel culto e l'educazione, vengono usate per l'amministrazione governativa. Il diritto storico alla proprietà è venuto dalla stessa obbedienza alla legge divina che ha voluto il lavoro; infatti e le prime e più anti­che leggi della Società dovevano tutelare coloro, che vivono più consentaneamente alla volontà di Dio, cioè coloro, che cercavano il proprio bene e la propria conserva­zione nel lavoro, siccome da Dio volate, perchè da questo derivava non solo il bene del lavoratore, ma anche quello dell'universale. Se il prodotto del lavoro non fosse stato garantito, certo nessuno avrebbe lavorato (II, 336); quindi fu sanzionato il diritto del primo occupante.
Siamo ben lungi da ogni rivo!uzionarismo; nulla lo mostra meglio di queste due posizioni, del Rousseau che, nel Discorso sulvineguagliatvta scrive: n primo che, avendo cinto un terreno, pensò di affermare: questo è mio, e trovò persone abbastanza semplici per crederlo, fu U vero fondatore della sociotà civile. Quanti delitti, quante
3) Le popolazioni agricole, dice il Rossi, sono le piò amanti dell'ordine, le più morali, le più previdenti ed, in ultima analisi, le più soddisfatte.