Rassegna storica del Risorgimento
ROSSI GABRIELLO ; SOCIALISMO
anno
<
1948
>
pagina
<
179
>
Un socialista-conservatore del Risorgimento, ecc. 179
guerre, omicidi, quante miserie ed orrori non avrebbe risparmiato al genere umano colui, che strappando i piuoli e colmando il fossato avesse gridato ai suoi simili: Guardatevi dall'ascoltare questo impostore; siete perduti se dimenticate che i frutti sono di tutti, e la terra è di nessuno e del Rossi che conclude che i primi occupanti... si facessero cosi quasi direii ministri distributori della grazia'di Dio (II, 336).
Se la rendita è dono divino assolutamente gratuito anche senza che la società impieghi i suoi capitali e l'uomo il suo lavoro, il frutto invece del capitale è sociale e come tale a niun individuo particolare, senza permesso della società, può interamente appartenere (II, 345).
Gabriello Rossi scrive questo nel 1847, ma invano cercheremmo in lui una traccia delle critiche che i socialisti già avevano f atto al capitale. Anche qui l'esame della natura del capitale è rivolto verso una conclusione conservatrice* Che cos'è infatti il capitale? Sovrattutto quei risparmi di materie prodotte daiheni primitivi, che poi valgono come strumenti e mezzi di produzione. Ma a far si che il capitale sia capitale non è il risparmio, invece è l'idea, il pensiero, il trovato che quella materia primitiva serve allo sviluppo od alla modificazione voluta dalla nuova produzione ricercata; è la idea adunque, che in qualche modo incarnasi nel risparmio nell'atto dell'applicazione, e che adottata poi da altri, cioè dalla società, viene così consentendo all'idea dell'inventore, e lo cangia in capitale; cangiando per tali condizioni unitevi la materia primitiva semplice, in materia appropriata alla riproduzione (II, 338). Il frutto perciò che deriva dal capitale è di natura complessa; deriva dall'idea e dal consenso sociale* Esso sarà ripartito in tre parti: la prima, o quella che spetta all'inventore, che essendo l'assoluto proprietario del suo ritrovato, può concederla a chi gli pare quando e come vuole; la seconda, che è il vero frutto e che spetta alla società pei vantaggi, che il vivere socievole arreca, senza dei quali le macchine egli strumenti non si potrebbero adoperare, se non da chi le inventò (e che viene perciò qualche volta percepita dalla società sotto il titolo di tassa d'arti e mestieri) ma che può pure lasciare come ed a chi crede, quando ciò sia a vantaggio universale; la terza ed ultima parte del profitto deve essere appunto di quello che adottando la macchina la fa fruttare con questa sua rinnovata applicazione (IL, 346).
Come si vede, nella natura del capitale il lavoro non entra affatto: punto centrale diventa il capitalista. È il capitalista, che ora fa l'ufficio della società nel concedere il premio all'inventore; è il capitalista, che comprando ed adottando la macchina o l'istrumento si espone a tutte le perdite...; ed è dunque il capitalista che deve in questo caso riconoscersi, come si disse, per solo e vero padrone del frutto (II, 3*46).
L'altro elemento della produzione, il lavoro, viene compensato con il solario. Questo è regolato dalla legge della domanda e dell'offerta, la quale al Rossi sembra non esente da danni, giacché l'eccesso di domanda graverà sul consumatore e quello di offerta sul lavoratore. Pur tuttavia, da essa non c'è via di scampo ed inutili- oltreché pericolosi per l'ordine sono le coalizioni operaie per l'aumento del salario. *) La soluzione del problema, dice il Rossi eludendo il problema stesso, verrà da un piano religioso-morale: Checché si proclami o decreti a questo riguardo, la legge economica semplice, senza
l) XI movimento inglese del cartismo, ad esempio, è posto dal Rossi sullo stesso piano del comunismo e, riguardo alla famosa petizione presentata H 2 maggio 1842 dagli operai ai Comuni, troviamo il seguente commento: Era la forza brutale, la forza del numero, che prendeva, nel recinto del parlamento, un posto legale ed una voce (II, 400).