Rassegna storica del Risorgimento
ROSSI GABRIELLO ; SOCIALISMO
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1948
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182
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182 Armando Saitta
coltivazione, arricchiti poco a poco, od anche i capitalisti estranei finirebbero per acquistare tutta l'estensione del territorio occupato già dalle cento famiglie primitive? (II, 61-62). D'altra parte* i proprietari, per questa maggiore forza raggiunta attraverso le associazioni, non per questo diventeranno i padroni dello Stato: troveranno un contrappeso nelle associazioni delle arti e mestieri. Egli propugna tale principio dell'associazione anche nell'industria e, sull'esempio di quanto avevano realizzato in quel torno di tempo gli artieri di mobili di Halle, propone agli artigiani delle associazioni, mediante le quali essi si emancipino dagli intermediari del commercio ed aprano un magazzino di Vendita, che paga ai singoli lavoratori le loro opere in contanti, ed i profitti vengono ripartiti fra tutti dopo un certo tempo). Tali associazioni potrebbero esercitare anche il principio del mutuo soccorso e potrebbero servire a procacciarsi strumenti perfezionati, ecc. E con parole che ricordano il Fourier, il Rossi conclude: ce II sopprimere le mani intermedie ed oziose, ed il fare che il guadagno sia premio dell'operosità, è di tanto utile alla società intera, che simili associazioni si dovrebbero promuovere da per tutto. Questo sarebbe il vero modo di riordinare le arti e le corporazioni, senza che fossero un monopolio dannoso all'industria, ma si un aiuto all'industria medesima (II, 233).
Il principio dell'Associazione diventa fondamentale anche sul piano politico. Anche qui l'atteggiamento del Rossi, pur tenendosi lontano da posizioni nettamente reazionarie, è di opposizione verso le correnti liberali del tempo. Il principio della gerarchia vera, e religiosa associazione, sembra dover essere la salute del nostro mondo, non solamente per riguardo alla carità, ma anche per riguardo all'industria e alla politica, giacché la vera organizzazione del lavoro, e la giusta ed equa costituzione del pubblico potere, non potrassi giammai ordinare, senza aver prima definita e dichiarata l'essenza dell'associazione pubblica (IT, 377).
L'autore scrive ai primi del 1847, quando il movimento liberale dello Stato pontificio non aveva ancora assunto un carattere nettamente politico e le riforme erano pia un'attesa che una realtà. Albi Segreteria di Stato era ancora il cardinale Gizzi e tesa era la situazione fra il partito dei fautori di Pio IX ed i gregoriani.
Il tono del Rossi verso l'immortale Pio IX è deferente e rispettoso, ma da ogni suo rigo esula Ogni richiamo ed interpretazione politica degli atti del papa. Di tutto il lavoro di quei'mesi pare egli abbia la stessa idea riformistico-onnen regime che ne aveva il residente toscano a Roma, il cav. Bargagli, allorché, in quel torno di tempo, scriveva al cons. Hambourg che i progetti di modificazioni e non altro riguardano che riforme nell'interna amministrazione: hi compilazione di un nuovo codice civile e criminale, la creazione di un sistema municipale in Roma, l'organizzazione degli ospedali, il miglioramento nelle carceri, le strade ferrate, un regolamento sulla censura... Altre riforme organiche non esistono, per quanto è da me conosciuto, se non nell'esagerazione delle nienti esaltate. *)
Le questioni, allora, all'ordine del giorno erano sovrattutto due: l'istituzione della guardia civica e la lega doganale. Nella postilla LXII, scritta evidentemente dopo il luglio del 1847 e prima del novembre, il Rossi esamina la notifica del 5 luglio e il regolamento del 30 luglio della Segreteria di Stato circa la guardia civica criticandoli ampiamente* ma la critica si riferisce a delle questioni tecniche (spose dell'erario, difficoltà di mobilizzare in caso di guerra la guardia, ecc.) e viene fatta in modo così staccato dalle passioni del tempo de rivelare come l'autore non intendesse affatto il motivo
i) ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Affari esteri, filza 2956, doc. 23.