Rassegna storica del Risorgimento

GENTILINI ENRICO
anno <1948>   pagina <237>
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Il pensiero sociale del mazziniano Enrico Gentilini 237
1 nomo fuori della società, ritiene l'uomo isola io una incongruenza, tuia mostruosità, un vizio .
L'esperimento costituzionale era appena iniziato in Italia e già il Gentilini lo condannava come imitilo, come espediente di transizione perchè è sempre una mi­norità parassita che opprime la maggiorità, che lavora . Profondamente democratico ed esperto di nomini, di cose, di paesi non gli sfuggiva e probabilmente furono le polemiche che s'agitavano in Francia a rafforzare la convinzione che ora non s'è fatto altro che sostituire al dispostismo ereditario il dispostismo il più inumano, il pia egoista, il despotismo ministeriale trasmesso dagli uni agli altri in una medesima classe di oppressori (p. 18): lo spettacolo dei ciarlieri eterni , parlamentari e ministeriali Io disgustava profondamente. Quale democrazia fintanto che i rappresentanti non saranno dalla nazione retribuiti, il censo sarà il fondamento dell'elezione, e si avrà ima rappresentanza che rappresenterà le cedole, le obbligazioni, l'ipoteca, e non mai il paese? (p. 20). Da una parte colloca i veri democratici, dall'altra i liberaloni (p. 22). Probabilmente egli nella lotta progressiva contro il liberalismo politico si fon­dava più, che su dottrine scientificamente elaborate (qua e là si rifa ancora a concezioni giusnaturalistiche, come l'esistenza di e un diritto anteriore e superiore ai diritti dello Stato e la socievolezza dell'uomo secondo i postulati della scuola del diritto naturale sociale), su una serie d'intuizioni (per es., che la monarchia costituzionale è un ibrido compromesso, che la costituzione è un corpo di leggi partorito da vecchi pregiudizi, confezionato nello spirito feudale e illeggiadrito con vocaboli di idee novelle), tra le quali spiccano l'inconciliabilità del sistema dello stato patrimoniale con quello dello stato-nazione, 1) del sistema parlamentare in regime di liberismo colla libertà.
Alcune riforme da lui proposte non si differenziano da quelle proprie anche dei moderati 2) e quindi non lo seguiremo su un terreno così poco originale e neppure su quello dei dettagli delle innovazioni pensate come i piani strategici elaborati ai tavo­lali dei caffè. Come molti utopisti del suo secolo scaltriti nei problemi giuridici, si ripromette grandi vantaggi da una riforma burocratica i cui capi rispondano diret­tamente ai delegati della nazione eletti da chi è culturalmente preparato ad esercitare il diritto di voto, nell'illusione che questo espediente avvicini il popolo allo Stato i cui diritti magici, e sempre a discutersi, schiacciano Botto il peso delle cariche il pro­letario e il povero (p. 22). Se le pagine sull'amministrazione locale, sulla pubblica istruzione, sulla giustizia suonano un poco generiche o riflettono senza contributo originale ideologie di decentramento 3) e di umanitarismo; se quelle sulla e forza pub­blica incardinata sulla guardia nazionale riassumono i pensieri già altrove espressi
') O il re è veramente il proprietario dello Stato e amministra il potere eoi mezzo di MOTTI"** da lui scelti, ed in questo caso si ritorna al passato, giusta il quale nulla po­teva sussistere nella società che non fosse dalla mente o dalla volontà reale ricono­sciuto; oppure la nazione possiede veramente l'espressione della legge, ed opera per mezzo di usa serie di funzionari speciali e risponsabili, e allora la personificazione visi­bile del sovrano rimune inutile (p. 25).
2) Per es., che le nomine ai pubblici impieghi governativi avvengano per-merito e non continuino, secondo! principi del diritto feudale , a costituire benefi­ciate degli uomini di corte e de* loro adulatori, Com'è noto il sistema dei pubblici concorsi, con alcune limitazioni, fu introdotto dall'Azeglio
3) Su di esso insiste B pp. 71-3: Vi vuole una centrale politica, e non ammi­nistrativa perchè la centralità è- favorevolissima alle mire arbitrarie... è una spina cacciata nel cuore della nazione.
itt.