Rassegna storica del Risorgimento

GENTILINI ENRICO
anno <1948>   pagina <240>
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240 Luigi Buljeretti
il privilegio delle pensioni a quella classe rovinosa, parassita della milizia, della magi­stratura, ecc., assai più giustamente se ne deve aver debito inverso a chi servì 31 paese per fecondarlo . Vive esperienze umane,per quanto elementari, impediscono al Gentilìni di abbandonarsi alla vuo,ta retorica; egli non tuona contro le ricchezze con tono mora­listico, ma contro il capitale che tutto osa: quando ha bisogno di far diminuire il prezzo di certi generi su cui conta di estendere le sue speculazioni, opera il ribasso. No potendo allora il produttore attendere sino al termine delle entrate o dei paga­menti per dar passo a* suoi affari, non possedendo egli anticipate o fondi, come il capi­talista, viene obbligato a vendere le sue merci o produzioni al prezzo da quello imposto, jll capitalista accaparra immediatamente i prodotti, e quindi li rincarisce, ossia fissa a quo' prodotti un prezzo maggiore commerciale. Ha mezzi infiniti la mala fede per queste operazioni. Allora il fabbricante, che ha necessità di alimentare la sua fabbrica, il pristinaio, che ha bisogno di grano o farine per il pane, sono costretti di scontare all'unico possessore de* generi voluti il prezzo di una infame usura.
Ve un'altra concorrenza o monopolio terribile che esercitano i capitalisti. Essi, per minare un'impresa rivale, si associano e si espongono a qualunque sacrificio. Il debole cade, il pubblico gode un momento, per pagare in séguito con usura ai raggi­ratori, che lo assoggettano, per una giustizia cambiaria, al rimborso o reintegro delle perdite che hanno subito per aver assassinato molte famiglie industri.
Che importa ai capitalisti la prescrizione delle leggi? Essi creano imposizioni sul paese, e fanno quanto meglio loro conviene, senza prendersi soggezione del Governo, del Parlamento, del fisco, né badare alle pene che le famìglie devono tollerare.
Chi sconta poi le scelleraggmi è il Governo, giacché le famiglie rovinate, il popolo, il paese insomma, non accusano i feudatari, ma chi li tollera (pp. 84-85).
Se coglie nel segno ammonendo i liberali dell'avvenire (cioè i democratici) a guardarsi dai liberali del giorno 'Ica diffidare dell* economia politica ossia del liberismo,2) (che sarebbe il flagello della presente età, in cui si sovverte l'ordine so­ciale per Bommetter tutto ad un sistema materiale oppressivo, indicando il modo di aumentare le ricchezze del dovizioso col torturare il bisognoso, l'operaio, l'agricoltore, a scapito del talento e dell'operosità; spogliando cosi l'uomo della proprietà sua natu­rale per suggettare la sua dignità alla potenza materiale, appurandogli la corruzione e sommergendolo nel vizio, facendo un popolo vile, briccone, egoista) (p. 89), potrebbe apparire vittima dei pregiudizi di chi reputa attività improduttiva il commercio (e stato egoista che si collega intimamente col capitalista , che si vale del fallimento ossia
dell'obolo invade la capanna del povero, come i palazzi; e dispone tutto ciò che è conve­nevole alla sua voracità. E il serpe che striscia nel fango per coglier hi proda. L'impronta delle sue istituzioni è l'aggiotaggio, la menzogna, l'iniquità, per invader tutto, e con minacele di tradimenti, di sventure, esso impone al Governo la necessita di far subire al popolo la sua antisociale ed assassina influenza (p. 83).
t) Questi stringono alleanza co* nefandi speculatori della miseria, gente paras­sita, avida GÌ portafogli, di cariche, che se ne rimane per retrocedere dopo d'avere macchiato le sostanze della maggiorità, gettato nella miseria l'onesto, ingannato i po­poli, ed acquistato in premio dello sue iniquità gli onori e gli impieghi onerosi dello stato (p. 85).
*) Come alcuni lustri avanti in Italia il termine economista senz'altro desi­gnava i fisiocratici, cosi ora l'espressione sta per liberismo. La semplice indica­zione d'una scienza, infatti, comporta il riferimento alla tendenza in essa prevalente al tempo della menzione.