Rassegna storica del Risorgimento

MONDAINI GENNARO
anno <1948>   pagina <262>
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LIBRI E PERIODICI
FABIO Cusm, Introduzione allo Studio della Storia; Padova, Cednm, 1946, in 8, pp. VII-205. L. 500.
Da qualche tempo Fabio Cusin lavora alacremente. È di ieri uri1 Antistoria d'Italia (Einaudi 1948), grosso volume che non abbiamo ancor letto, ma del quale forse incorso di tempo ci occuperemo. Antistoria d'Italia, titolo che farà arricciare il naso a molti. Esso ci richiama alla mente che il Cusin è pure l'autore de Vitaliano, Realtà e illusioni (Atlantica 1945), pubblicazione che offriva materia di succose osservazioni a Ernesto Sestan tra le Noterelh e schermaglie del n. 4 di Belfagor del luglio 1946. Diceva, tra l'altro, in quella occasione, il Sestan: Perchè il Cusin è in guerra (ma con chi non è in guerra) anche con la storiografia, o diremo piuttosto, con gli storiografi, che seppellisce tutti sotto una stessa condanna e specialmente- e nominativamente, Benedetto Croce e Gioacchino Volpe....
Che il Cusm sia in aperta guerra con la storiografia italiana (perché l'inglese, la francese e la tedesca, a parer suo, si salvano), lo dimostra dettagliatamente questa seconda edizione dell' Introduzione allo studio della storia (la prima edizione, stampata ad Urbino nel 1942, per l'urgenza dei noti avvenimenti susseguenti, non ebbe troppa dif­fusione). Ma, a parte la noia di dover parlare ancora e sempre di guerra* una cosa noi vorremmo chiedere preliminarmente al Cusm: era proprio necessario e indispensabile dichiarar guerra alla storiografia italiana? E perchè, ammesso e non concesso che fosse necessario ricorrervi, scendere in campo con tanto malcelato livore? La disistima del nemico di questo proprio si tratta giova allo svolgimento della lotta ed è utile per acciuffare la vittoria?
Ad un osservatore superficiale potrà sembrare che illibro non abbia tono polemico, ma la polemica c'è, quando non apparente, nascosta e sotterranea. Si vogliono scalzare posizioni prestabilite, si vogliono mettere avanti nuove soluzioni e nuovi problemi, à vogliono indicare nuove vie? Chi ce lo vieta? Che si faccia. Che si faccia senza tema di stuzzicar vespai, senza preoccupazione di essere tacciati di presunzione e di esibizio­nismo, con animo pacato e sereno, con senso di dignitosa onestà, con lieta modestia. Sembra quasi, invece, che il Cusin pur agitando le armi abbia paura di usarle. Il che, ce lo permetta, ispira qualche diffidenza.
A guardar bene, in verità, l'autore mostra, bontà sua, una certa riconoscenza al caposcuola della recente storiografia italiana, a Benedetto Croce (pag. 35, 155), non risparmiandolo, però, quando è il caso da critiche e da censure, talvolta di carattere personale (ad es.: pag. 155), e gravissima, tra l'altro, quella di attribuirgli il vizio origi­nale della mancanza in Italia di un vero respiro di libertà nel campo degli studi storici. Ammette pure il Cusin le qualità e le peculiarità di un Adolfo Omodeo (pa­gina 156), uomo che ha lavorato sino alla morte a contatto di gomito con il Croce, senza restarne per questo troppo assorbito. Ma dove l'autore scaglia principalmente i suoi strali è contro la scuola storiografica idealista che accusa di uniformità, mono­tonia e ingenuità entro i limiti delle scoperte del pensiero crociano. Ora tutto ciò a noi sembra ingiusto ed eccessivo. Che il Croce abbia esercitato nell'ambiente culturale italiano un'attrazione è indiscusso, dire che questa attrazione verso la potenza e l'uni­versali tà di un intelletto non sia stata feconda significa anche disconoscere l'autorità di un magistero e l'utilità di un esempio. Né è vero, a parer nostro* che gli storici vis­suti ed operanti nel campo dell'idealismo crociano, inesorabilmente attratti dalla cala­mita idealistica (pag. 156), si confondano e perdano nella polvere dietro i passi del maestro: uno Chubod, un Maturi, un Morandi, per citare i nomi maggiori, non perdono affatto la loro individualità, e, se il discorso non ci portasse troppo lontano, saremmo