Rassegna storica del Risorgimento

MONDAINI GENNARO
anno <1948>   pagina <268>
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268 Libri e periodici
E particolarmente si ha da porre attenta considerazione alla forma della sua conver­sione, che non fu un trapasso rapido e uno sfolgorare improvviso, ma fu preceduta da Tina preparazione diuturna e travagliata. Perciò il suo ritorno alla fede, data la sua educazione profondamente illuministica, non poteva risolversi (né si risolse in effetto) in un modo puramente arcaico (come sostiene ancora qualche studioso) di sentire il cristianesimo e tanto meno in una adesione perfetta allo spirito del protogiansenismo, di cui qualche traccia indubbiamente si riscontra in qualcuno dei BUOI Inni. Anzi, il vitale insegnamento etico-religioso di Porto Reale come lo preservò dalle concezioni giuridico-formalistiche della Controriforma, cosi giovò a render più concreto e solido quel senso della dignità umana e della libertà (intesa come legge fondamentale dello spirito) che fu la nonna costante della sua lunga vita.
Chiude il denso volume una rassegna ricca e precisa sugli studi storici sul gianse­nismo italiano. Mi permetto di fare qualche aggiunta. Non è che interessi perchè dico cose nuove, ma per l'appunto perchè testimonia come oggidì ancora si abbiano dagli studiosi sul fenomeno idee vaghissime e concetti in parte errati e si facciati con esso gli accostamenti più arbitrari, ricordo un libro recente (La prima repubblica cisalpina di S. Canzio) in cui si legge, tra l'altro, che il Poggi (di cui il Codignola ha dimostrato documentariamente la radicale estraneità ai motivi autentici della dottrina gianseni­stica) non solo fu a giansenista fin dalla giovinezza, seguace convinto e colto del movi­mento riformatore, al quale offerse una collaborazione fattiva; ma,per di più, superò la stessa pratica giansenistica, perchè rimase fedele alla dottrina mentre i giansenisti tendevano a sottrarsi alla supremazia pontificia per sottomettersi completamente, mani e piedi legati, al dominio temporale!. E, a detta del Canzio, il giansenismo visse e prosperò sotto forme diverse per tutto il Risorgimento sino al modernismo: vastis­simo moto che si perpetua, (nientemeno!) in tutti i tentativi di acclimatare al Cristia­nesimo le nuove esigenze politiche e sociali ! .
Per la questione manzoniana mi par sia utile non dimenticare il saggio pregevole di D. Di Pretoro (Rassegna Italiana del 1929) sfuggito, non so come, al Codignola; e degne di menzione mi paion pure le considerazioni, nuove e originali, sul concetto di grazia inteso in senso cattolico esposte dal Fossi in una sua lettura al Liceum di Firenze nel 1941, nella quale trattò pure, da par suo, della influenza del Rosmini sul pensiero del Manzoni (la lettura fu pubblicata nel 1943 nei Quaderni di Studium ).
E concludo. Si può dissentire su qualche apprezzamento dell'A., si può anche avvertire qua e là qualche eccesso di valutazione (troppo spazio mi si dovrebbe acconsentire per una disanima particolareggiata); ma è indubbio che l'opera del Codignola* salda e informatissima, rappresenta una conquista critica fondamen­tale, da cui è necessario partire per ogni ulteriore approfondimento del tema arduo e delicato. MAJWNO CTRAVEGNA
GAETANO FALZOPTE, Carlo III e la Sicilia', Palermo, 6. B. Palumbo, 1947, in 8, pp, 85, L. 275.
Pur condividendo l'affermazione dell'A. che la cosiddetta era delle riforme iu Sicilia inizi non tanto con l'avvento al trono di Ferdinando III (IV) quanto con quello del suo predecessore (restando però fermo che s'intende la riforma soprattutto nello spirito riformatore più che nei risultati visibili, valutando più le intenzioni ohe i fatti) non ci sembra tuttavia che il Falzone si sia dato ragione piena del problema politico di Carlo III. Le riforme di questo re rientrano infatti non tanto nella cosciente attua­zione dì un paternalismo clic tiene di mira soprattutto il bene dei sudditi, ma esse fono subordinate (come del resto ogni misura di politica interno e riformista nel­l'Europa del '700) al raggiungimento della massima efficienza dello stato onde affron­tare con positive prospettive di successo le eventuali complicazioni politiebe e militari. La ragion di stato fu infatti nel Settecento 31 primo mobile di ogni riforma sia