Rassegna storica del Risorgimento

MONDAINI GENNARO
anno <1948>   pagina <275>
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Libri e periodici 275
in provincia) pregiudicò seriamente la posizione dell'inviato austriaco in Napoli. Ferdinando -giunse nientemeno che a reclamare a Vienna, per mezzo del marchese Gagliati, l'immediata sostituzione del conte di Lebzellern, Mettermeli in verità tenne duro; ma, comunque, la questione degli zolfi scalzò l'influenza austriaca in Napoli e lasciò il campo libero all'attività francese.
Le relazioni tra Ferdinando e l'Austria mutarono alla vigilia del '48, ma sulla ragione intrinseca del mutamento ben poco si sapeva sinora. Il Inescati, sulla base di una sicura documentazione, ci dimostra che alla nuova evoluzione nei rapporti austro-napoletani prò che il risentimento del ZQ per il doppio giuoco della Francia nella que­stione dei matrimoni spagnoli, contribuì l'atteggiamento assunto da Carlo Alberto nei confronti di Vienna durante la primavera del '46. Era una ragione di equilibrio poli­tico italiano che portava Ferdinando II a ri avvicinarsi all'Austria nel momento in cui se ne staccava il re di Sardegna. La vertenza austro-sarda per il sale, causa imme­diata della tensione dei rapporti tra Vienna e Torino, venne seguita a Napoli con grande interesse giacché se ne intuì subito il profondo significato! l'influenza austriaca in Pie­monte era decisamente tramontata, Carlo Alberto resisteva a Vienna con fronte alta e il suo contegno suscitava infinite speranze nei liberali di tutta Italia. L'Austria d'al­tra parte aveva tutto l'interesse a dimostrare piena fiducia in Ferdinando II ora che' le sfuggiva il Piemonte. Fra per lei una necessita, che la parte meridionale d'Italia rimanesse perfettamente tranquilla e che una questione napoletanosiciliana non sopraggiungesse a complicare ancor di più la grave situazione internazionale, offrendo nuovo campo all'urto della rivale attività franco-britannica. Se l'Austria nel setten­trione e il Borbone nel Mezzogiorno non avessero minimamente ceduto, vi sarebbe stata la possibilità di contenere e circoscrivere all'Italia centrale quel movimento rivoluzionario che, con la consueta aderenza alla realtà. Mettermeli riteneva immi­nente. Bisognava perciò (e tale fu l'atteggiamento austriaco) avvicinarsi il più stret­tamente possibile a Ferdinando e sorreggerlo nel suo proposito manifesto di intransi­genza di fronte ai liberali.
Perciò i rapporti tra i due paesi, che avevano precedentemente attraversato un periodo di acuta tensione, eran divenuti a mano a mano più amichevoli e cordiali Bino a raggiungere, nel corso del '47, una stretta intimità. Ma è da escludere però, senz'altro, che nell'ultimo periodo della crisi il re di Napoli abbia rivolto una domanda di soccorso all'Austria, sperando, come si affermò da taluno, che fosse possibile ripro­durre la situazione del 1821. Né vi son prove, checché si dica, da cui risulti che l'Austria abbia richiesto alla Santa Sede l'assenso per un eventuale passaggio delle sue truppe dirette nell'Italia Meridionale.
Sempre più peggiorando andarono invece i rapporti con l'Inghilterra. Uno degli errori più gravi della diplomazia napoletana fu di non aver impedito a suo tempo la pubblicazione delle lettere di Gladstone, che contribuirono a fare il vuoto intorno alla monarchia, ponendola al bando della vita civile d'Europa. Sulle vicende che prece­dettero quella pubblicazione (vicende in parte ignorate) ci dà ampie vagliate notizie l'A. Prima di dare alle stampe quel terribile atto di accusa (c'informa, tra l'altro, il Moscati) i conservatori inglesi, che erano mossi dal desiderio vivamente sentito di alleviare le condizioni dei prigionieri politici napoletani, ma, ligi com erano, al prin­cipio monarchico, avevano qualche ritegno ad infamare pubblicamente un sovrano europeo, tentarono un passo, oltre che con il ministro napoletano a Londra Castelcicala, con la stessa Austria. Aberdeen inviò una calorosa lettera a Schwarzenberg pregandolo d'interporre i suoi buoni uffici presso In corte di Napoli per spingerla a migliorare il regime carcerario e sovrattotto il trattamento fatto a Poerio. E Schwarzenberg tra­smise copia della lettera a Napoli dando incarico al Martini di parlarne al Fortunato (v'era unita alla lettera la copia del manoscritto di Ondatone nel quale lo statista di­chiarava di impegnarsi a non dare alle stampe le sue osservazioni se il re si fosse deciso a mutar rotta o almeno avesse fatto qualcosa che dimostrasse la sua buona volontà