Rassegna storica del Risorgimento
TORELLI LUIGI
anno
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1949
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pagina
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13
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Rileggendo i Pensieri sull'Italia di un Anonimo lombardo 13
che i primi concedano le liberta costituzionali, mentre il Balbo pensa pericolosa la discussione sui diversi tipi di governo e vorrebbe che non-rimanesse luogo a niun desiderio se non a quello d'indipendenza, *) in modo da non scontentare quel principe, soprattutto, che si accingesse a scacciare lo straniero. In un moderato, suddito austriaco, era naturale insistere sul valore di una ribellione morale che vincesse l'apatia di chi si adagiava sulla possibilità di un governo paternalistico straniero e vedere in questo la spinta interna necessaria a cooperare alla sua cacciata: volontariamente* se non per un bisogno irrefrenabile dello spirito, non si va incontro a una situazione economica incerta. In Balbo, assertore delle antiche aspirazioni piemontesi, la preoccupazione prima resta l'indipendenza nella quale non vede che l'ingrandimento del Regno di Sardegna e, sentendo ancor viva la reazione che l'Europa aveva opposta sempre alla penetrazione dei Savoia in Lombardia, si preoccupa di non toccare in altro modo lo status quo peninsulare. Così, per esempio, ha parole comprensive e laudative per il regno meridionale, bollato invece a fuoco dal Torelli come dinastia* e poco considerato anche come entità popolare notevole nel disegno italiano. È ancora il Lombardo che parla e crede impresa facile il trascinare il sud a rimorchio perchè la vera forza risiede al nord. Da tener presente, anche, che il Torelli non aveva avuta una buona impressione politica di Napoli nel suo viaggio del 1841. Nelle Memorie scriverà: fu un soggiorno delizioso tutto dovuto alla natura. Prima era stato più esplicito: A Napoli mi fermai più che altrove; vidi alcune manovre di quelle truppe eseguite con maestria, ed una cavalleria bellissima pel materiale: la forza non mancava, ma che dire dell'animo dei padroni di quella forza? Avevo pochissime attenenze con persone del luogo, ma ne feci con alcuni distinti stranieri, e fra questi con inglesi, alcuni dei quali erano pienamente al fatto degli aneddoti di Corte e dello spirito del governo. Si può facilmente immaginare di qual natura fossero quei racconti e qual concetto potessi io desumere pel concorso di quella popolazione ad un'impresa che avesse per iscopo l'indipendenza nazionale. Al contrario, invece, in Toscana (e per questo propone l'alleanza fra il Granducato e il Piemonte come primo passo verso la guerra) nessuno allora parlava male del governo; ma eravi già un nucleo di persone che si occupava di politica e che poneva per base del risorgimento italiano la cessazione del dominio straniero; di che vieppiù mi persuasi nel 1843 in occasione del Congresso di Lucca.2)
Non credo di dover indicare i punti di accordo fra i due scrittori perchè risultano evidenti e perchè, soprattutto, fanno parte del bagaglio teorico di tutta la scuola moderata.
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Mentre il Torelli- scriveva i Pensieri, un altro moderato studiava un piano assai simile al suo per risolvere federalisticamen te la questione italiana, Giacomo Durando. Parte anch'egli dall'impossibilità di un regno unito, ina si sofferma sulla lega non di tre principi ma di due: Borboni e Savoia.3) Come il Torelli, polarizza il fulcro della lotta nel Piemonte e, pur dichiarando che l'alleanza dei due principi dovrebbe essere
i) C. BALBO, op. cit., p. 152.
2) Vedi: L. TORELLI, Ricordi cit., p. 36.
3) Anche il Santarosa fondava le sue speranze sul Regno di Sardegna e su quello delle Due Sicilie. Vedi: S. Di SANTABUSA, Delle Speranze degli Italiani a cura di A. Colombo; Milano, Caddeo, 1920, cap. Vili e IX.