Rassegna storica del Risorgimento
AZEGLIO, MASSIMO TAPARELLI D'
anno
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1949
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pagina
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51
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MASSIMO D'AZEGLIO TRA PALCOSCENICO E PLATEA
Dei molti profili di Massimo lasciatici dai contemporanei uno, trascurato solitamente dai più recenti biografi coglie con efficacia in tatti i suoi aspetti l'uomo d'Azeglio: quello di Francesco Predati. In poco più di una vivace pagina di quel libro dal tìtolo sesquipedale* il direttore della Enciclopedia Pomba e dell'Antologia Italiana schizza alla brava uno tra i più felici e sinceri ritratti che ci siano rimasti dell'autore dei Miei ricordi. Mette conto di n'esumarlo, anche perchè il volume del Predari, fonte di primissimo ordine, sebbene molto citato, il più delle volte di seconda mano, dagli storici professionali, è, in realtà, assai poco conosciuto. E senza pretesa di rivelarlo ai chierici, saremo lieti se riusciremo anche per questa via a farlo conoscere ai laici.
Massimo d'Azeglio versatilissimo ingegno, pittore a que* tempi di bella fama, perchè non ancora di maniera, scrittore corretto, efficace, di un. tal quale abbandono ariostesco nella forma, romanziere popolarissimo, avea saputo portar ne* suoi quadri il talento del romanziere, nei suoi romanzi quello del pittore; non aveva egli fino allora (1845) trattata la politica che come letterato, ma la sua letteratura era stata, come fu sempre pel suo cuore e pel suo ingegno, uno strumento di libertà e di italianità; filarmonico e schermidore di nota valentia, destro ginocator di bigliardo, equitatore elegante, esercitatissimo nelle più belle grazie della ginnastica, parlatore di vena facile* brioso, era egli stato e perdurava sempre ad essere il dio dei circoli, signore e facile vittima del bel sesso; i suoi amici, quelli di lui più gravi, Taveano in conto d'uomo che trattava con troppa levità tutte le cose più serie di questo mondo, troppo insofferente delle noie negli affari anche del maggior momento; di nulla capace, di nulla intraprendente che non avesse a scopo e a risultato un qualche compiacimento di se stesso. Cesare Balbo, suo cugino e amico intimo, con quanto solca narrare di lui lo dava a conoscere sin da' suoi anni giovanili uno scampafatica in tutto, perfino in amore. L'indolenza, che caratterizzò poscia tutta Li serie de' suoi fasti e nefasti politici, era un difetto che avea presa radice in lui sin dalla sua prima età e dal quale ben seppe a quando a quando e in impeti istantanei sottrarsi, ma liberarsi non mai. Figlio di marchese, educato nei pregiudìzi del sangue, per virtù d'ingegno sapea atteggiarsi a democratico, ma forse più per vanità che per convinzione; quindi lo vedevate affettar dimestichezza anche coi non nobili, stringendo loro la mano, specialmente se artisti e scrittori, ma avreste sempre indovinato in lui l'uomo che concede; giammai avrebbe egli portata l'ambizione e la forza d'animo fino a dimenticare con un popolano la sua origine. In tutti gli atti e i fatti suoi perfettissimo galantuomo. ')
Che fosse te filarmonico lo sappiamo dalle lettere alla moglie, nelle quali troviamo spesso, particolarmente in occasione di qualche sosta in ville di amici, accenni al suo prodursi come cantante e suonatore di vari strumenti. II castello di Envie conosceva bene la potenza dei suoi polmoni, quando lanciava all'aure il suo cavallo di battaglia: a Ahi sì per voi già sento, o qualche aria di bravura dei Normanni; e la chitarra aveva rallegrato più di qualche volta certe sue serate artistico-paesane dèi
!) I primi vagiti della libertà italiana in Piemonte, Sono documenti, aneddoti ignoti o mal noti, corrispondenze edite e inedita di uomini politici e letterali che panno servire di materiale per la Storia del Risorgimento italiano, raccolti, narrati e pubblicati da FRANCESCO PREDASI, Milano, Vailardi, 1861, pp. 31-32.