Rassegna storica del Risorgimento

AZEGLIO, MASSIMO TAPARELLI D'
anno <1949>   pagina <56>
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56 Alberto M. Ghisalberti
proprio Ini) riproducendo nei Miei ricordi la conversazione in casa della marchesa Irene d'Crsentin. Su uno sfondo da far pensare, più che all'intonazione d'un qua­dro di Rcmbrandt, al Cozzano, si svolge un dialogo vivo e frizzante che par tolto di péso al Ventaglio del Goldoni, tra la Marchesa, il vecchio generale San Rouman (che ancora non s'è saputo spiegare perchè LuigiXVIII abbia dato la diarie mentre poteva contentarsi di rimettere i parlamenti), l'abate Gerando, elemosiniere del re e mangiagiansenisti, il capitano, già maggiore del 18 Dragone, marchese d'Rubiera, che non è una cima, ma e un uomo che ha girato, veduto e, qualche cosa, imparato la soura countSssa Datis, ex incroyable dell'Impero, protagonista, allora, ce di qualche passione francese altolocata. Cinque soli personaggi, ma tutto un mondo, quello della vecchia Torino 1820 et colle sne idee, le sue forme, le sue frasi e le sue parole, fatto rivivere per magìa d'artista attorno al letto della marchesa Irene, .sdegnata, sì, ma bonariamente e non senza sorrisi, perchè Vuliim a" la Zei vuol lasciare il servizio, militare e andè a Rouma afe' V pitour d' meste.J)
Non son, certo, teatro i due ce scherzi dedicati al pittore Molteni, ma l'intona­zione farsesca li riaccosta al genere dal quale l'occhiata del Vestii aveva per sempre allontanato l'Azeglio.2) Ma, si torna a dire, non senza rammarico, se, nel ringraziare Ferdinando Martini per l'invio dei suoi Cenni sul teatro drammatico in Italia, gli confi­dava che <c le idee che Ella accenna circa l'arte teatrale furono per un pezzo argomento di pensieri, studi e persino di qualche informe mia prova . E, poco più oltre, ce tornando dunque a quel che le dicevo principiando, io credevo e credo che si possa favorire certi sentimenti utili ad un risorgimento nazionale co ITistr amento del teatro ed avrei avuto smania di provarmici quand'ero giovane', ma oltre a mancar d'attori e di lingua non mancavo purtroppo d'I. R. censure! Era proprio inutile, nemmen pensarvi.3) Anche il fastidio della censura austriaca allora? C'è da crederlo, quando si pensi all'ufficio ch'egli assegnava alle lettere e all'arte in tempi di libertà manomessa e di servitù nazionale. Pur essendo scettico, come confessava nella stessa lettera (che gli sarà, due anni dopo, presente nella stesura del XVI capitolo dei Ricordi),ce sulle prediche fatte dal palcoscenico per la riforma morale d'un popolo, riteneva che ce mediante rappresentazioni sceniche si potessero ce creare e certamente rinvigorire certi senti­menti, che sono pur parte del senso morale, come sarebbero la generosità, la fortezza, la grandezza d'animo, l'onor militare, l'amor patrio, ecc. ecc. . Contrario alla formula dell'arte per l'arte, ammirava col Martini il teatro spagnolo, nelle cui antiche produ­zioni non aveva mai trovato ce -una linea che esprimesse una viltà ed inducesse lo spet­tatore a sensi bassi e disonoranti. Polizie non ce n'erano più, ormai, ma restavano
0 Miei ricordi, ed. cit,, pp. 238-246.
2) Sono riprodotti in M. PARENTI, Massimo d'Azeglio autore drammatico, in Storia a. II, fase. 2 (25 giugno 1938), pp. 68-69. Il secondo scherzo con craalche variante era già stato dato, di sulla minuta autografa oggi in Museo Centrale del Risorgimento, da M. RlCCT, Scritti postumi, pp, 295-296*
3) Lettera del 15 giugno 1862, in F. MARTINI, Confessioni e ricòrdi (Firenze gran­ducale)* Firenze, 1922, pp. 119-122. La lettera è, evidentemente, scritta quando il pensiero dell'autobiografia e maturo in lui in ogni sua parte e l'idea di lavorare per qualunque via alla ce rigenerazione morale degli Italiani, balenatagli, por lo meno, nella primavera dell'anno precedente, è diventata il fondamento e il motivo d'ogni sua attività. L'Azeglio, decisamente, non sapeva limitarsi ai vaudevìlles o alle comédiès de salon come il suo quasi collega francese duca di Morny.