Rassegna storica del Risorgimento
TERAMO ; TRIPOTI LUIGI ; GARIBALDINI
anno
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1949
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pagina
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60
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GIOVANNI PRATI
Pochi sanno che Giovanni Prati, il poeta della rivoluzione, venne eletto deputato nel 1862, dopo l'episodio di Aspromonte, da un collegio politico dtfU'Abruzzo, quello di Penne, che allora apparteneva alla provincia di Teramo, e passò poi a far parte della nuova provincia di Pescara. Distinzione patriottica fu quella, che onora Penne, cittadella la quale diede cospiratori e martiri all'Italia, onde è caro ricordare l'episodio elettorale, mentre risorge il sole della libertà.
Eletto, Prati non potè, tuttavia, esercitare il mandato in quella Vili Legislatura perchè la elezione venne annullata, in seguitò a relazione e proposta del deputato De Cesare. H Collegio di Penne, si componeva di quattro sole sezioni: Penne, Catignano, Torre de* Passeri e Castelli. Tre furono i candidati: il Prati, il Sig. De Flamineis, il Sig. De Caesaris. Nel primo scrutinio Prati ebbe 159 voti; 53 ne raccolse il Sig. De Flamineis; 17 il Sig. De Caesaris, mentre 16 voti furono dispersi. Nel.sccondo scrutinio le sorti mutarono con più favore verso il Prati, il quale salì a 202 voti, numero considerevole quando il suffragio elettorale era limitato a poche classi sociali. Giovanni Prati, pertanto, fu proclamato deputato, ma la elezione non potè essere convalidata perchè era avvenuta durante lo stato di assedio, e quindi, secondo un sano principio-venne annullata perchè si sarebbe svolta senza garanzia di libertà, mancando al potere esecutivo l'adesione del Parlamento.
Virtualmente, in ogni modo, Prati fu eletto nel Collegio di Penne, che ebbe poi un altro deputato patriota, e precisamente il De Caesaris, già condannato politico nel regime borbonico, ed elesse ancora dopo, sempre, deputati liberali ed illustri, come l'Aliprandi, l'Olivieri, il Faolucci, il Tinozzi.
Due anni eran trascorsi dalle prime elezioni generali, avvenute dopo che era stata alfine ottenuta l'unità italiana. In una lettera riservatissima di Gabinetto del Ministero dell'Interno, del 15 dicembre 1860 (cfr. fascio elezioni politiche 1860-74 in atti riservati della Prefettura dell'Archivio di Stato di Teramo), si era scritto allora al Governatore della Provincia che, a approssimandosi il momento in cui le popolazioni sarebbero state chiamate ad inviare i loro rappresentanti al gran Parlamento, destinato a proclamare innanzi al mondo che quasi tutta l'Italia s'era costituita in libera ed indipendente nazione, sotto lo scettro costituzionale del magnanimo Re Vittorio Emanuele, era sacro dovere di ogni cittadino di spianar la via alla libera e sincera manifestazione del voto popolare. E si aggiungeva che gli nomini indicati a rappresentare la Nazione non avrebbero dovuto essere inferiori per senno politico e per altezza d'animo alla grande loro missione. Si raccomandava, infine, che il Paese, disusato all'esercizio dell'alta prerogativa dal potere del dispotismo, oppresso, travagliato, diviso da contrarie passioni e do molteplici intrighi, non cadesse negli abusi dell'in esperienza.
Era avvenuto nel tempo anteriore ciò che in Italia si è verificato poi di nuovo, dopo sessantanni, con la dittatura fascista, la quale abolì il Parlamento e disavvezzò il popolo dalle libere elezioni.
Minghetti, miniatro dell'Interno, ammoniva i Governatori e Intendenti generali che la sincerità e libertà del voto dovevano esser massima guarantigia del sistema costituzionale e doversi l'autorità politica astenere da qualunque ingerenza.
In un'atmosfera, dunque, di aria rinnoveData sorse la candidatura politica del Poeta nel 1862.