Rassegna storica del Risorgimento
TERAMO ; TRIPOTI LUIGI ; GARIBALDINI
anno
<
1949
>
pagina
<
75
>
Libri è periodici 75
Direi anzi che il presunto metodo antinomico adottato dallo Spadolini (che in pratica consiste nel sottolineare il contrasto di forze e tendenze opposte) lo ha trattenuto più di quanto sarebbe convenuto dal mettere in rilievo il rapporto dialettico tra queste fòrze e tendenze.
Per esempio: l'A. parla di un paradosso costituito dal fatto che il primo impulso alla rivoluzione del '48 viene dal riformismo principesco operante dal '46; ma bisognerà poi dire che il fatto perde molta della sua paradossalità se si intravedono i nessi che, a loro volta, legano quel moto riformistico al fermento operante alla base e già determinato, per esempio, dalla pubblicistica della scuola liberale moderata e neoguelfa.
Comunque, in questo gioco di contrapposizioni che gli è particolarmente caro, lo Spadolini pone anzitutto l'accento sul '48 come ultima rivoluzione federale e prima rivoluzione unitaria. Come rivoluzione federale è tutta appoggiata su moti esclusivamente cittadini, divisi tra loro, a carattere municipalistico; eppure nel gettare tutti questi moti a convergere verso-un unico fine, nel sommuovere contemporaneamente tutto il Paese, la rivoluzione ha carattere nazionale, per la prima volta nella storia d'Italia.
Come fallimento, il '48 rappresentò il fallimento della rivoluzione federale cioè della soluzione di massimo comodo come della rivoluzione unitaria democratica cioè della soluzione del massimo sforzo; e rispetto olle forze che sostenevano queste soluzioni, rappresentò la sconfitta del neoguelfismo e del mazzinianesimo.
Allo stesso modo il '48 fu al tempo stesso rivoluzione provinciale e rivoluzione europea: si scontano tutte le tare tradizionali della formazione storica d'Italia, e d'altra porte per la prima volta ci si inserisce nel vivo delle correnti europee, costituendo un episodio del sommovimento generale d'Europa.
Infine lo Spadolini sottolinea, nel *485 il contrasto tra la rivoluzione nazionale e la controrivoluzione popolare; e crede divedere nelle linee di questo contrasto la prova principale della sua intuizione a antinomica . La fisionomia di questo contrasto è deli-neata con profonda conoscenza dell'argomento, con grande finezza d'interpretazione, con ricchezza di osservazioni pertinenti; ma non è difficile scorgere in quel contrasto non già una presunta antinomia di non si sa bene qual nuova natura, bensì il carattere fondamentale della rivoluzione borghese che combatte su due fronti, contro la vecchia classe dirigente e contro le classi inferiori, la cui alleanza diventa poi naturale. La particolare violenza della lotta che del resto ricorda episodi del tutto simili in Francia e in Germania-va spiegata anche col fatto che in Italia si riprendeva rapidamente il tempo perduto nel senso che un processo storico come quello della formazione nazionale unitaria, che si era svolto in altri paesi europei attraverso il travaglio di secoli, si concentrava qui nel giro di pochi anni ed acuiva quindi i contrasti ad esso relativi.
Ma tanto poco la storiografia antinomica è un perfezionamento metodologico, e tanto al contrario è vero che il problema storiografico consiste sempre nel riportare la varietà all'unità, che tutto il processo storico del Risorgimento acquista una fisionomia più chiara allorché si sono individuate le forze sociali che in esso agiscono e realizzano i loro fini, e si è precisato che è la borghesia la quale riesce a realizzare la propria rivoluzione escludendone le altre classi e determinando quindi lotte e contrasti. Allora ai trova un focus attorno a cui dipanare la materia che nella sua immediatezza e prima del processo critico è ancora amorfa e insensata.
Del resto Io Spadolini ha sentito l'urgenza di questo approfondimento e ha delineato in alcune ottime pagine non soltanto il carattere sociale delle diverse tendenze politiche risorgimentali, ma anche il vario loro confluire a seconda degli ostacoli da abbattere, come nel caso particolarmente sottolineato dall'A, dei moderati e dei democratici che, di fronte alla difficoltà di assorbire nell'ideologia e nella prassi borghese le forze popolane retrive, divisi all'inizio dall'idea di rappresentare diverse classi sociali, si ritrovarono alla fine sulla stessa sponda, resi ormai consapevoli di essere l'espressione della stessa classo sociale, la borghesia, sia pur variamente colo-rantesi e atteggiantesi nei vari sfati.