Rassegna storica del Risorgimento
FOLLIOT CRENNEVILLE FRAN?OIS
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1949
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Pietro Pedrolti
provocante per le viepiù affollate della città, facendo rintronare le lastre di Via Grande dei colpi della sua lucente spada. Bastava ano sguardo, una parola a voce alta o un sorriso per deciderlo ad usare ed abusare del bastone; infatti giornalmente a Porta Murata, sua residenza, si udivano le grida delle sue tormentate vittime. Era per lui delitto avere il cappello di una forma piuttosto che di un'altra, il portare baffi e pizzo all'italiana, il guardare il mare col canocchiale dall'alto di una casa: la polizia che faceva capo a lui, spiava tutti e spingeva ovunque i suoi sguardi. Il Crenneville era insomma uno degli apostoli del bastone; sembrandogli che quell'infame supplizio bastasse a spegnere negli Italiani il santo amor di patria. Sono noti i processi politici di quegli anni} come i nomi dei condannati a morte o alla galera e quelli dei bastonati. Quel burbanzoso governatore si era proposto come impegno d'onore di mettere a giudizio i livornesi, per i quali gli epiteti suoi preferiti erano porco e brigante. Il consiglio di guerra che egli presiedeva con assiduità, aveva spesso usato la sostituzione volontaria dell'innocente al colpevole: anche il pensiero veniva punito giacché per quel rappresentante della reazione erano colpa le più, innocenti ed arcadiche riunioni: a molti interrogatori sopraintendeva egli stesso, e non comprendendo a sufficienza la lingua italiana per capire quanto dicevano gli imputati* teneva a portata di mano un vocabolario tedesco-italiano, che consultava continuamente.
La patriottica Livorno, punto turbata per tali barbari sistemi, mentre lasciava vivere quasi nell'isolamento quel brutale proconsole, allevava nel suo seno quei dieci mila volontari, che hanno partecipato a tutte le guerre per l'indipendenza nazionale da San Martino a Roma.
Nessuna meraviglia dunque che il generale conte di Crenneville avesse lasciato fra i livornesi, dopo sei anni di spietata oppressione, un nome odiato per la superbia provocatrice e per la ferocia spietata esercitata nei loro confronti, mentre l'Austria invece premiava con promozioni ed onori quel vile cortigiano, il quale offriva al suo idolo sangue per incenso. La sua carriera infatti non poteva essere più brillante: nominato generale di divisione durante hi campagna del 1859, poi primo aiutante di campo del suo sovrano e dirigente della cancelleria imperiale doveva raggiungere nel 1867 il massimo grado nell'esercito.
Con un atto di incoscienza più: unico che raro, il Crenneville, durante un suo viaggio nel 1869 in Toscana, volle di bel nuovo visitare Livorno redenta, teatro delle sue gesta, dove fu come abbiamo ricordato il regolatore e l'impresario delle delizie dello stato d'assedio, l'arbitro dei nefandi consigli di guerra. Tale visita più che una sfida imprudente ed impudente, fu una stoltezza.
Giunto in quella città il 23 maggio fu subito riconosciuto, ma anziché temere la inopportuna pubblicità quel messere trovava naturalissimo circolare sfrontatamente per le strade, sedersi anche al caffè della Vittoria, nel falso concetto che tutti lo avessero dimenticato; non doveva essere cosi. Per quella città da lui ridotta un dì al colmo della miseria e della disperazione, pareva corresse un fremito al ricordo dei gemiti delle numerose vittime; allo stupore iniziale per quella fosca apparizione teneva dietro cosi uno scoppio d'ira incontenibile.
Erano ancor vivi parecchi cittadini che por suo ordine furono bastonati come cani; essi naturalmente non vedendo in lui nient'altro che l'uomo delle stragi del 1849 e l'orrida personificazione del giudizio statario, 31 fautore dell'assassinio e dell'omicidio, sentirono spontaneo, impellente il bisogno di rintuzzare l'offesa, togliendogli la possibilità di passeggiare, fosse pure in incognito, in quella Livorno che egli aveva macchiata di tanto sangue innocente.