Rassegna storica del Risorgimento
DUE SICILIE (REGNO DELLE) ; LEGA ITALIANA
anno
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1917
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pagina
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752
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G. Paladino
opporsi alla politica piemontese troppo ambiziosa ed esclusivista. Ora se tra i liberali progressisti e conservatori, che si dividevano il campo in Napoli nel 1848, esisteva un accordo cosi meraviglioso in questioni di vitale importanza per il paese, a chi sembrerà strano che re Ferdinando la pensasse allo stesso modo? Come poteva egli - nell'unanime opinione che la monarchia dovesse non soltanto mantenersi, ma divenir forte e grande e non lasciarsi sopraffare - come poteva egli, il re, rinunziare ad una parte dello Stato, e sacrificarsi per l'ambizione altrui? Tuttavia, ad onta di lutto, ad onta dell'insuccesso toccato alla proposta del Governo napoletano, Ferdinando mandò le sue truppe in Alta Italia e le navi nell'Alto Adriatico. Quale prova maggiore di questa della sua buona volontà?
Eppure non uno degli storici liberali, che si sono occupati degli avvenimenti napoletani del 1848, hanno risparmiato accuse al re, pel contegno di fronte a Carlo Alberto e alla guerra d'indipendenza. Piersilvestro Leopardi, destinato come rappresentante a Torino al posto del Palazzuolo, se riconobbe che la bella proposta di unire i principi italiani con un trattato fatta dal Governo napoletano con l'invio dei plènipotenziarii a Roma fu, per uno di quei faUì che non possono ma/i essere abbastanza rwnpianti, ributtata dal Governo del Piemonte, benché preseduto tlalVUaliamssimo autore delle Speranze d'Italia; opinò che quell'ostacolo tanto più grave quanto meno prevedibile somministrasse alla conventicola austro-sanfedistica (dietro la quale sarebbe stato il re) un forte argomento di aperta opposizione alla partecipazione dell'esercito e della flotta napoletana alla guerra per l'indipendenza.1 - Non diversamente Giuseppe Massari, se giudicò-fatale Terrore del Ministero Sardo, affermò che il rifiuto di Carlo-Alberto tolse al Ministero Troyail solo mezzo efficace che egli aveva per persuadere Ferdinando li a combattere con efficace energia la guerra della indipendenza nazionale . Poiché, secondo lo scrittore dei Casi di Napoli, * la camarilla partenopea, che poteva esser colta facile mente al varco, e suo malgrado costretta a diventare italiana, esultò della ripulsa del Ministero piemontese, e non durò gran fatica a far con-vinto il re che il re di Piemonte voleva unificare VItaUa e rapirgli lo scettro. Forse il De Lieto fece per avventura parte della famigerata camarilla? Eppure non scrìsse egli che non credeva ciecamente mila virtU del Me Carlo Alberto P non imprecò contro l'unione della Lombardia al Piemonte ? non sperò che l'intervento napoletano servisse
1 Narrazioni startene, pagg. 112-13.
2 Ediz. eii., pagg. 140-41,