Rassegna storica del Risorgimento

DURANDO ; NOTE ; 1848
anno <1950>   pagina <29>
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Alcune note sui fratelli Durando nella campagna del 1848 29
Mentre il fratello Giovanni era molto perplesso sull'opportunità e sulla possibilità di riprendere la guerra, Giacomo invece vii era favorevole e non si peritava di dichia­rarlo apertamente, come fece in una lunga lettera di risposta ad un indirizzo di omaggio e di esaltazione che il circolo politico di Mondovi, a mezzo del suo presidènte avv. Rebaudcngo, aveva il 28 ottobre inviato ai due fratelli. La ripresa della guerra era quindi non soltanto nei desideri del re, ma anche dei suoi pia vicini collaboratori.
Il ministro della guerra, Alfonso La Marmora,l) nominava una commissione all'oggetto di predisporre il modo di concorrere alla guerra dell'indipendenza ita­liana. Di questa commissione facevano parte Luigi Torelli, Alessandro Monti, Sebastiano Tecchio, Giovanni Cadolini, il Berchet, il Correnti e altri; di essa fu creato presidente lo stesso Giacomo Durando. Quali fossero o dovessero essere i compiti di questa commissione non è detto nella lettera di nomina,2) per cui è lecito solle­vare i nostri dubbi sull'efficacia e sui risultati di essa.
C'era chi avrebbe voluto incominciare subito nello stesso ottobre, senza aspettare . la primavera successiva. Cosi M. Fanti in una lettera a Giacomo propugna la pro­posta di un'invasione immediata del Ducati, che avrebbe dato il possesso di tutta la destra del Po, avrebbe rispettato la Lombardia pur minacciandola ed infine avrebbe determinato l'influenza piemontese sulle Romagne e sulla Toscana. L'Austria era in quei giorni seriamente presa alla gola dagli avvenimenti di Vienna e di Ungheria, e non avrebbe potuto quindi intervenire, per non disperdere le sue forze, quando più era necessario tenerle unite. Ma, se guerra doveva essere, il Fanti intendeva che. fosse guerra nazionale, perchè non si nascondeva le difficoltà insuperabili che si pre­sentavano se l'avesse dovuta sostenere il Piemonte da solo. Era ciò possibile? L'amor patrio, l'entusiasmo, un desiderio immenso di poter fare qualche cosa per la patria, facevano velo anche agli occhi dei meno romantici e nascondevano una realtà penosa, cioè che il Piemonte, dopo la prima disastrosa campagna, non era in grado di ripren­dere immediatamente le ostilità e tanto meno di suscitare quel fervore di consensi e di adesioni, atti a determinare una guerra nazionale.
Nel febbraio la Toscana era caduta sotto il Governo del Guerrazzi, ma nello stesso tempo in un'anarchia tale, che facile sarebbe stato all'esercito piemontese cogliere un successo, se si fosse presentato ai confini. C'è una lettera del Cucchiari che descrive efficacemente, se pure in qualche punto troppo crudamente, la situazione, sopra tutto dell'esercito toscano, la più indisciplinata accozzaglia che si possa immaginare. Come si poteva pertanto sperare in un apporto proficuo alla guerra nazionale da parte delle altre regioni d'Italia?
Lo stesso Piemonte, dove più numerosi erano i fautori di una ripresa immediata e ad oltranza della guerra, dimostrava un disorientamento inspiegabile ed un disordine inconcepibile, non solo nel ceto cittadino, ma sopra tutto nel governo e nei comandi superiori militari
Abbiamo una riprova di ciò in una lettera del fratello Giovanni a Giacomo in data 8 marzo, quasi alla vigilia quindi della ripresa delle ostilità e proprio il giorno stesso, in cui fu decisa dal consiglio dei ministri la denuncia dell'armistizio. La prima divisione a cavallo viene trasferita al Po, sulla riva sinistra, parte per occupare Can-dia, Lumello, S. Nazzaro, Bassignana, ecc. e parte come riserva in seconda linea. La sponda destra del Po rimane in questo modo completamente sguernita. Non basta*
i) H La Marmora aveva sostituito il Dabormida nella carica il 28 ottobre 1848. *) Lettera 15 dicembre 1848, 110/76.