Rassegna storica del Risorgimento

1848-1849 ; GENOVA
anno <1950>   pagina <57>
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Genova dal luglio 1848 all'aprile 1849, ecc. 57
K certo che le leggi contro i gesuiti, del luglio, hanno portato un certo turbamento eia nell'esercito, sia nelle campagne: Tommaseo tuonava contro il Piemonte accu­sandolo di aver mutato il moto d'indipendenza da religioso e popolano in profano e regio.
In Genova il pensiero politico aveva subito l'influenza non dei moderati francesi, ma dei montagnardi e dei mazziniani; l'ideale consisteva non in un regime di tipo inglese o sul tipo di quello di Luigi XV111 o di Luigi Filippo, ma piuttosto in una monarchia nettamente democratica di tipo rOussòiano, in cui sovrano fosse il popolo. Vi è una parte di verità nell'osservazione di Mettermeli, che attribuiva i moti italiani all'influenza del radicalismo inglese sulle alte classi italiane: ma per l'appunto, un simile indirizzo contrastava con le aspirazioni genovesi. Carlo Alberto riposava sul-
I appoggio inglese, Genova su quello degli nomini del *48 francese. In pratica il con­trasto fra la burocrazia torinese e i democratici genovesi dopo lo Statuto verteva su questo punto: i primi ammettevano libere elezioni, ma negavano ogni ulteriore costante controllo sul Governo all'infuori di quello parlamentare: i secondi invece volevano influire per mezzo della stampa e dei circoli politici: di li il significativo titolo di anarchisti con cui venivano gratificati dai Piemontesi. Questi volevano da Genova il contributo di abili commercialisti, di tecnici; ed invece si erano visti arrivare dei rivoluzionari: l'amarezza di Madama Collegno raccolta dal Senior, deve essere stata grande.
Il contrasto sussisteva non solo in politica interna, ma anche in politica estera.
II vecchio municipalismo antisabaudo di Genova rinverdiva, per dirla con Mazzini, in democrazia bellicosa e, possiamo aggiungere, annessionista nei confronti della Lombardia. La guerra contro l'Austria rappresentava per molti uomini politici pie­montesi un tentativo, una necessità del momento storico: per Genova la condizione del suo sviluppo; a Torino ai pensava come Cesare Balbo, prima l'indipendenza e poi la libertà; a Genova si vedeva la libertà come condizione sine qua non al conseguimento dell'indipendenza nazionale; a Torino si vedeva il problema partendo da presupposti diplomatici internazionali, a Genova secondo interessi vitali. Il contrasto si coglie molto bene raffrontando le idee del Corriere Mercantile di Genova con quelle del Risorgimento di Torino, del Pensiero Italiano di Accame con la Concordia di Valerio, soprattutto questi ultimi: la polemica alla fine di luglio sul­l'intervento francese, di settembre sui moti genovesi, di ottobre sul congresso federa­tivo, sono elementi indicativi.
Il moto di Genova del 1849 rappresenta l'acme del contrasto, ingigantito dalla sorte avversa della guerra e dalla diffidenza che gradatamente si impadronisce di tutta la città; segna pure, dopo il periodo commissariale di Alfonso La Marmont, l'inizio della composizione.
L'intervento francese a Roma aprirà gli occhi: e molti si adatteranno a quel programma liberale e conservatore al tempo stesso enunciato dal Gioberti ed attuato dal Cavour.
Il sistema paternalistico del primo periodo di Cacio Alberto non era stato del tutto negativo: aveva permesso di superare certe resistenze locali, aveva favorito più o meno consciamente, lo sviluppo di quella borghesia che dal 1840 in poi costituisce il nucleo della ripresa genovese. Il console francese L. Favre, reduce da un'inchiesta a Milano e a Torino, cosi si esprimeva: je n'ai entrevu à Génes ni les tendanccs démocratiques de la Lombardie, ni les instincls aristocratìques oli bourgeois de Turin.