Rassegna storica del Risorgimento
1848-1849 ; GENOVA
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Carlo Bandi di Vesme
nato anche dalle già accennate richieste dei moderati genovesi* in specie di Giorgio Doria; ma in realtà anche molti liberali avevano lasciato fare ai repubblicani genovesi, in odio al governo che non radunava le Camere: U la situazione genovese non è che la ripercussione di quella generale: il 3 settembre Giuseppe Ricci scriveva al fratello Vincenzo da Torino: Raccomandi a Pareto la prudenza: si sarebbe felici di poter rovesciare sui Genovesi e principalmente sopra di lui i mali che cagionerebbe all'Italia una lotta intestina.
Il 7 settembre viene nominato nuovo governatore il generale Giacomo Durando, a cui si affida un decreto di stato d'assedio in bianco. Ignaro dei presupposti politici della situazione, questi emana un proclama in cui, alludendo a tale suo potere, parla di gettare un velo stilla statua della libertà. Errore psicologico grave, in quanto tutta l'azione dei repubblicani si era basata sulla diffidenza e sul timore di un'abrogazione dello Statuto. Il nuovo governatore si trova isolato: si accosta a Pareto a cui confessa di essere stato ingannato, di aver creduto i Genovesi in aperta rivoluzione repubblicana. *)
I metodi di lotta di costoro sono invece più coperti: al De Sonnaz si ricorda l'abbandono di Volta, non molto chiaro; al Dnrando si fanno cartelli con enormi gradi, che vengono definiti il vero velo al giusto e all'onesto: l'opposizione all'arresto del Pellegrini si attua per vie legali. Molti la pensano come il Gianuè al momento dell'avvento del Gioberti: i nobili non vogliono la rivoluzione; i ricchi proprietari nemmeno, i negozianti meno degli altri, gli impiegati la combattono, il secondo ceto non tutto è buono e non la vede opportuna; gli operai non la intendono senza un reale motivo, i facchini ora stanno bene e non si muovono.
Quindi il partito del movimento si riduce a ben poca cosa. Noi siamo polenti se ci attaccano, deboli se attacchiamo .
Appare chiaro l'errore del ministro degli Interni nell'espulsione del De Boni, dovuto al fatto che i mediocri hanno sempre timore che il terreno sfugga loro sotto i piedi. In sostanza da una parte si prosegue il sistema inaugurato dai liberali, delle continue manifestazioni semilegali, dall'altro si alternano concessioni con atti bruschi di forza. Vi è carenza di un potere calmo e rispettato ebe domini i partiti e ne diriga lo slancio.
Una istruzione del Pinelli riguardo a Genova, datata del 6 settembre, e ritrovata fra le carte Durando ci permetterà di completare il quadro della situazione. 11 Pinelli constata che in Genova l'affetto alle istituzioni liberali, e il desiderio di unione con la Lombardia è generale; ritiene che il ministero non sia popolare soprattutto per l'esclusione del Ricci e del Pareto lo spirito municipale agisce immensamente sui Genovesi, checche ne dicano .
l) Lett. G. Doria a Carlo Alberto, 4 settembre 1848, in G. GALLO, op. cit., sull'atti-tudine dei moderati, lett. Brignone del 5 settembre 1848, in BQLLEA, Echi quarantot teschi della aita torinese, in II Risorgimento Italiano, 1921, XIV. Cfr. pure REISET, Torino 1048, Milano B. d., p. 169. Sul DE BONI, del medesimo, Ricordi personali, Melano, 1873; Gioberti nel Rinnovamento dichiarerà illegale l'espulsione del De Boni.
*) Cfr. Carte Dnrando, in Museo del Risorgimento Torino, nn. 109-110, che contengono: la relazione De Sonnaz dell'I e 2 settembre 1848; la relazione 2 settembre del Balbi Pioverà; e le relazioni dell'Intendente De Martino. Cfr. anche CIMALA, La vita ed i tempi del Gen. Dabormida, p. 60, Torino 1896. Ved. in questo fascicolo, A. ÀSPESI, Alcune note sui fratelli Durando nella campagna del 1849, pp. 27-39.