Rassegna storica del Risorgimento

CIPRIANI LEONETTO
anno <1917>   pagina <785>
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La prigionia di Leonetto QipHam a Mantova nel 1848 785
Si lavò, si fece la barba, sì cambiò e dormi saporitamente. La mattina il carceriere lo ricondusse al numero uno, e gli disse: Ho chiesto per voi il permesso di scrivere a casa vostra, e se volete al governatore della fortezza. A colazione vi porterò la carta, il cala­maio, un tavolino e il lume .
Decisamente v'era un angelo che lo proteggeva, e per istinto capì che c'era lo zampino di una donna. La donna, quando è buona, èia consolazione dei poveri afflitti.
Scrisse alla madre, e poi una bella lettera dignitosa al governa­tore della quale si pentì non aver tenuto copia perchè, a giudicare dal risultato, doveva essere uncapolavoro.il risultato fu che a mezi-zogiorno venne l'ordine di metterlo al numero 24. Ne prese subito possesso, mise tutto al suo posto come se fosse stato a casa sua, ed a finestra spalancata stette tutto il giorno a respirare l'aria a pieni polmoni colle mani appoggiate all'inferriate ; ed i passerotti che sal­tavano nel cortile gli sembravano il più bello spettacolo della natura che avesse mai osservato sotto il tropico.
La sera ebbe un buon pranzo, con un piattone di ciliege che in­goiò tutte col nocciolo.
Ripensando poi che quel salto dal numero 1 al 24 non poteva essere effetto della sola lettera, l'immaginazione andò lontano, e pensò che Carlo Alberto e i numerosi amici che aveva in Italia e fuori si eran tutti coalizzati a salvarlo.
fi giorno dopo comparve un aiutante del governatore Gorzkowski che gÈ domandò se voleva fare tratta sa banchieri, e se gli occor­reva vestiario, libri, carta e via dicendo. Accettò, .'/.-.chiese un'udienza dal governatore, ma questa gli fu ricusata. La sera lo Stockhausen lo invitò a pranzo, e lo presentò a sua moglie, una milanese di mezza età, grassoccia, belloccia, assai comune ma buona donna, che chiac­chierava di tutto, ma s'intende bene, nei limiti che esigevano il luogo
e le persone.
La mattina dopo venne l'aiutante coli'ebreo Basevi banchiere, che accettò una sua tratta di duemila franchi su Parma.
Tutti gli israeliti in quella provincia erano più o meno liberali per due ragioni: l'istruzione che era tra essi obbligatoria, e l'oppres­sione che gravava su loro. La libertà era una speranza d'emancipa­zione - per quella molti fecero onorati sacrifizi e l'ottennero. Ma biso­gnava dissimulare per non cadere negli artigli della polizia, e vi riusci­vano facilmente, essendo per natura e per educazione diffidenti, di tutto e di tutti ed avendo disposizioni particolari a giocare doppio giuoco.
II Basevi era uno dei fornitori dell'armata austriaca e con loro era il più arrabbiato tedesco. Con i liberali era l'agente il più segreto