Rassegna storica del Risorgimento

EUROPA ; MAZZINI GIUSEPPE
anno <1950>   pagina <456>
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456 Luigi Salvatorelli
dazione fra le nazioni, per compiere in pace e amore la loro missione sulla tetra (pp. 43-44). Ancora nna volta, dunque, l'associazione fra i popoli viene considerata come nna conseguenza naturale dell'affrancamento delle nazionalità: si potrebbe dire che i due fatti sono per il Mazzini come il concavo e il convesso di una stessa lente.
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La rivoluzione del 1818 ebbe un corso contrario a queste, più che speranze, cer­tezze mazziniane. I popoli insorti contro i vecchi governi si mostrarono (capolvolgendo le prospettive di Mazzini) i nazionalisti più, veri e maggiori, fino al punto di allearsi talvolta con taluno di quei vecchi governi contro altri popoli fratelli (tipico il caso dei Croati, per gli Absburgo contro gli Ungheresi; ma si potrebbero aggiungere i patrioti germanici per Radetzky contro l'Italia). Quale effetto ebbe, una tale esperienza, su Mazzini?
Bisogna premettere una constatazione. Durante tutto il corso della rivoluzione, e cioè finché ci fu qualcosa da fare, un compito quotidiano di azione immediata da assolvere, per la causa italiana, Mazzini per quanto si può giudicare dalla docu­mentazione di cui disponiamo prestò ben poca attenzione a quanto accadeva fuori d'Italia senza diretto riferimento alle nostre faccende. Probabilmente, si com­portarono così, in Italia e fuori, quanti erano impegnati, come dicevamo, nell'azione quotidiana. Caduta Roma, ripresa la via dell'esilio, Mazzini tornò a concentrare la sua attenzione come aveva fatto già ripetutamente nel periodo anteriore al Qua­rantotto sull'aspetto europeo dei problemi democratici-nazionali; e anzi senti più vivamente di quel che non avesse fatto, almeno dal tempo della Giovine Europa in poi, l'esistenza di un coordinamento, di una organizzazione internazionale dei moti nazionali, a È d'uopo costituire la democrazia egli scrive (e il corsivo è suo) ne La Santa alleanza dei popoli (XXXIX, 209). Importa che sulle basi già conquistate, scelte a terreno comune, noi fondiamo un patto, una intelligenza generale, un metodo d'attività che tragga partito da tutte le forze, a rovesciare gli ostacoli che si frappongono al libero sviluppo dei popoli (p. 213). Egli, anzi, dice qualcosa di più: La democrazia non conquisterà, per trasformarla, l'Europa, se prima non s'ordina a forma di stato o governo, nucleo primitivo dell'Europa dei popoli (p. 218).
Mazzini non ha mai usato altrove, che io sappia, questo termine di stato in generale pochissimo adoperato da Ini a indicare la nuova organizzazione democra­tico-nazionale europea. È questa, pertanto, l'affermazione più concreta, e più ardita, di lui nel senso di nna organizzazione unitaria dell'Europa.
A preparare, a fondare questo stato democratico europeo avrebbe dovuto prov­vedere queir* Comitato europeo che abbiamo già ricordato in principio, e la cui costi­tuzione fu annunciata solennemente dal Mazzini stesso, suo principale promotore e membro eminente, nello scritto del 1850, dal titolo per noi significativo Organizzazione della democrazia (XLII1, 199). Come si sa, il Comitato non produsse risultati pratici ragguardevoli, e dopo qualche anno si addormentò e tacitamente si sciolse. Ma questi sviluppi, o non sviluppi, pratici ora non c'interessano: c'interessa invece indagare più da vicino se nel pensiero mazziniano circa l'organizzazione futura dell'Europa fosse intervenuto davvero un cambiamento per cui alla semplice esigenza, o piuttosto alla previsione di un'associazione dei popoli europei, si fosse sostituita la richiesta di una