Rassegna storica del Risorgimento
1848 ; INGHILTERRA ; DUE SICILIE (REGNO DELLE) ; FRANCIA
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1950
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479
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Francia e Gran Bretagna in Sicilia nel 1848, ecc. 479
E però d'uopo soggiungere come non fosse questa la ragione di maggior peso che fin da prima dei disastri guerreschi aveva fallo esitanti i membri del Ministero Balbo-Pareto a dar parere favorevole a che il Duca di Genova accettasse la Corona regia, h ben vero, che l'ambasciatore inglese, portando al Pareto la notizia della unanime decisione presa dal General Parlamento siciliano, l'aveva vivamente esortalo a far sì che l'eletto si risolvesse per l'accettazione, ripetendo in quest'occasione quel che Lord Palmerston gli aveva scrìtto fin dall'8 maggio, e cioè, che l'Inghilterra, non appena il Duca di Genova fosse salito al trono, lo avrebbe riconosciuto quale Re di pien diritto; e l'Abercromby insisteva nel consigliare il Governo di Torino a non esitare, a far presto, onde ovviare agli intrighi che nel frattempo potevansi ordire, presumibilmente da parte della Corte di Napoli. Riunivasi allora il Consiglio dei ministri per decidere il da fare in presenza di tale congiuntura: e ne segui una discussione animatissima, della quale il conte Ottavio Thaon di Revel dava ampia relazione al Des Ambrois (che da dopo il ritorno a Torino del general Franzini era sempre rimasto al Quartier Generale) in una lettera di quello stesso giorno 16 luglio. Soltanto Cesare Balbo sostenne che la questione dovesse riguardarsi come puramente familiare, concernesse unicamente il Re e il figliol suo, cosicché il Gabinetto non fosse tenuto ad occuparsene. Quest'opinione non persuase affatto gli altri ministri, i quali riconoscevano bensì che dipendeva dalla volontà del Re l'accettare o il rifiutare, ma che cionondimeno la questione era di carattere squisitamente politico, ragion per cui il Ministero doveva manifestare il proprio avviso, financo (ove l'urgenza lo avesse richiesto) se il Gabinetto si fosse trovato alla vigilia di rassegnare le dimissioni. Stabilito questo principio, il Consiglio s'accinse a valutare il prò ed il contro di una eventuale accettazione da parte del Principe sabaudo: riconobbe facilmente che tale elezione era un fatto onorevole per il Re e per la Dinastia; che essa poteva convenire al Duca di Genova, il quale aveva poche probabilità di poter un giorno salire al trono di Sardegna; e quantunque un'alleanza di famiglia del Regno dell'Alta Italia con quello di Sicilia non poteva essere di rilevante utilità, era purtuttavia cosa conveniente che nessun Principe straniero, legato fors'anche da solidarietà familiare con taluna delle maggiori Corti d'Europa, s'installasse sulle coste italiane. Tuttavia, se questi erano argomenti positivi, che militavano nel senso di una decisione favorevole, era pur necessario mettere sull'altro piatto della bilancia le argomentazioni negative, e quei ministri non dimenticarono di prenderle in attenta considerazione: quantunque la protesta napoletana non fosse ancora pervenuta, era facile prevedere che, nel caso di accettazione da parte del Duca di Genova, la Sardegna doveva fai i conti con la ostilità del Borbone di Napoli, il quale, avendo una flotta superiore a quella sarda, poteva essere un nemico temibile, soprattutto se si fosse deciso a stringere alleanza con l'Austria. Il Di Revel mostrava di non essere soverchiamente preoccupato dall'eventualità di una tale alleanza, che poteva senza dubbio essere progettata da quel Re, ma alla quale sarebbero state avverse le popolazioni del Napoletano: e ciò senza contare che, prima di volgere il passo su Napoli, gli Austriaci; con tante difficoltà all'interno ed all'estero, avrebbero dovuto pensarci; e che i Napoletani, anche nell'ipotesi peggiore, prima di arrivare nel Lombardo-Veneto, avrebbero dovuto soperare non pochi ostacoli. L'argomento che, invece, rese pensosi e diffidenti quei ministri, fu quello della nuova Costituzione siciliana, di cui costoro conoscevano ancora imperfettamente le disposizioni: se essa era tale (dicevano) per cui un Sovrano potesse regnare decorosamente allora non era 11 caso di opporre