Rassegna storica del Risorgimento
TAZZOLI ENRICO ; MAZZINI GIUSEPPE
anno
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1950
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pagina
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496
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496 Tullio Urangia Tozzoli
tosa volgente oramai al tramonto a perenne vergogna e colpa degli Italiani, Diremo col poeta nazionale:
Oh Italia !
quanta gloria e quanta bassezza
e quanto debito per Vavvenire
Tozzoli di fronte all'autorità inquirente austriaca già arrestato e rifiutato il sicuro scampo da mesi in catene, si offre Ini solo al sacrificio supremo perchè ne sieno salvi, o almeno diminuiti di condanno, i compagni coinvolti direttamente od indirettamente nella congiura mantovana. In onesta sua voluta e completa dedizione alla morte egli pensava: quale esempio, quale monito sarebbero slati il sacrificio suo e degli altri Martiri di Belfiore per gli Italiani fiacchi, incerti dubbiosi! Quali e quante speranze per realizzare, in un tempo non lontano, i sognati ideali di Patria e di Umanità. H sacrificio, da lui voluto, della sua promettente fiorente giovinezza ce lo eleva al di sopra'della comune degli nomini e quasi lo sublima. Tale apparve nel colloquio colla Teresa Arrivacene Giacomelli nell'ultima notte di sua vita nel Confortatorio di S. Teresa in Mantova raggiante quasi innanzi alla madre adottiva di sublime luce ascendente! Questa volontà, questo desiderio di morire desiderio intenso di sacrificio sublime, olocausto quasi al trionfo della causa nazionale ed umanitaria si afferma e risplende pure nell'anima ardente del Maestro suo. Poiché Mazzini, come don Enrico Tazzoli, sa che tutte le grandi fedi soprattutto quelle- che hanno radici in virtù so-vrumane presuppongono il martirio che le consacri . Scriveva Tazzoli: la moltitudine delie vittime non tolse Vanirne per l*addietro e noi torrà per l'avvenire finché si raggiunga la vittoria (egli era in carcere da molti mesi ed attendeva la morte). Poi Tozzoli continua: giovani, che vi rammaricate: dei nostri patimenti, la compassione non vi soffermi sulla vostra via ma, come suolsi negli assedi delle città murate, la caduta di quelli che vi precedettero accresca V indignazione ai vostri cuoripoi montate animosi svi corpi dei caduti per essere meglio alla portata di salire la breccia e conquistare la contrastata rocca. Voi vincerete e, se di tanto ci basterà la vita, nella vostra vittoria ci consoleremo delle membra calpeste . Scriveva Mazzini da Lugano, nel settembre 1848, al fido amico Lamberti dopo le delusioni subite a Milano: Abbiamo passato il fiore della nostra vita in esilio; potremo e sapremo morirvi. Ed, ancora, Mazzini scriveva da Roma il 29 giugno 1849 alla nota scrittrice francese George Sand: noi non siamo che degli iniziatori, dunque dobbiamo morire. Ed egli fu sempre pronto, nella sua non breve vita, al sacrificio più completo se fosse stato necessario al trionfo delle sue nobilissime idee. E quali altri vivificatori esempi di completa dedizione di se stessi in questi patrioti del nostro Risorgimento! Quali esempi, signori! Cito fra essi
in questo centenario glorioso della Repubblica Romana Luciano Manara. Egli così scriveva a Fanny Domicilio Spini: Noi dobbiamo morire per chiudere con serietà il 1848; e, ripigliando il pensiero di Tazzoli e di Mazzini, soggiungeva noi dobbiamo morire affinchè il nostro esempio sia efficace. E pochi mesi dopo, nel giugno del 1849* Luciano Manara cadeva eroicamente a Villa Spada olla difesa di Roma. Quale mirabili esempi, ancora* tre anni dopo nei Martiri di Belfiore! Il veneziano Scorscllini
compagno nella morte al Tazzoli cantava nel carcero, quasi sfida all'Austriaco,
i versi del Marra Fallerò:
e // parco è a noi trionfo
Ove ascendi an ridenti
Ma il sangue dei volenti
Perduta non aura