Rassegna storica del Risorgimento

1849 ; LUIGI BONAPARTE RE D'OLANDA
anno <1950>   pagina <503>
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Luigi Bottai tari e e gli intenti della sua politica, ecc. 503
la distruzione degli abusi e i germi della libertà: non sarà detto che nel 1849 un esercito francese abbia potuto agire in altro senso e condurre ad altri risultati.
Democrazia: ordine ed autorità nella democrazia. Ed un*altra parola pronunciava il Bonaparie, che il paese si aspettava da lui: prestigio, a La Francia aveva prò* clamato nei suoi scritti e nei suoi discorsi per la sua situazione geografica, la rie-chezza del suolo, l'energia intellettuale dei suoi abitanti deve essere l'arbitro della società europea... Essa è per le nazioni d'Europa quello che è il leone per gli esseri che lo circondano: non può muoversi senza essere distruggitrico o protettrice... Quando si ha l'onore e ad un tempo la fortuna di chiamarsi Francia, si deve comprendere la portata di questa posizione di favore: ed essendo nazionesole non ci si deve trasfor­mare in una nazionesatellite . Un linguaggio che lusingava l'orgoglio francese, insod­disfatto delle esitazioni della politica repubblicana. U nome del Bonaparte sonava, nel ricordo, come una promessa di potenza e di gloria: nell'erede napoleonico, il popolo cercava una garanzia del rinnovato prestigio della Francia nel mondo.
Il problema italiano costituiva, per Luigi Napoleone, il primo banco di prova. Noi conflitto austro-piemontese, già al suo stadio risolutivo quand'egli era asceso al potere, il suo margine d'azione era ridotto, la sua iniziativa vincolata. Dinnanzi alla Assemblea Legislativa, egli scarica ostentatamente ogni responsabilità sui Governi che l'han preceduto: il nostro ruolo dice era stabilito . Non cosi nella que­stione romana: qui, la sua iniziativa si può esercitare in tutto il suo peso. La politica italiana di Luigi Filippo si era svolta sotto il segno della prudenza e del compromesso; la repubblica, divisa, esitante,pareva non saper tradurre in atto le sue velleità d'azione. Luigi Napoleone non può contenersi entro quei limiti: la sua ambizione glielo impedisce, il voto stesso del popolo, la missione che questo gli attribuisce. Egli spinge senza esitare l'intervento a Roma sino alle estreme conseguenze, sino alla prova di forza che la sua posizione gli impone. Vi impegna il suo prestigio: e non arretra dinnanzi al conflitto, pur di imporre il punto di vista della Francia, e suo.
La politica ch'egli propugna dinnanzi all'Assemblea è la sua politica: si innesta sulla tradizione che lo precede, ma acquista una nota personale, si informa con coerenza e conseguenza all'ispirazione che lo anima, alle esigenze che lo guidano. Affermazione della necessità di un intervento; contrapposizione dell'influenza francese all'austriaca nella penisola; e contrapposizione di principii, spirito riformatore di fronte allo spirito reazionario dell'Austria: il quadro ch'egli espone si presenta con un impeccabile rigore logico*
Eppure, a queste rigorose premesse, non rispondono le conseguenze. Nell'attua­zione, il disegno già cosi limpido si intorbida, la logica apparente si risolve in un grò* viglio di contraddizioni.
Roma anziché accogliere i Francesi come liberatori, oppone una disperata resi­stenza. Sopraffazione della minoranza al potere asserisce il Bonaparte impo­sizione violenta di elementi estranei: mentre il generale Oudinot notificava il suo arrivo al governo di Roma, Garibaldi vi entrava olla testa di un corpo di fuorusciti d'ogni parte d'Italia, ed anche del resto d'Europa: e la sua presenza decise il prevalere del partito della resistenza . La difesa di Roma, una delle più imponenti manifesta­zioni della grande crisi rivoluzioni! rin ebe agitava l'Italia e l'Europa, vien ridotta cosi all'azione di fattori puramente esteriori e meccanici. E già, in questa sbrigativa spiega­zione, il limite della visione politica del Bonaparte: gli sfuggono le grandi forze storiche hi moto, gli sfugge, come gli sfuggirà in seguito, il significato e la portata della rivolu­zione italiana.