Rassegna storica del Risorgimento
REPUBBLICA ROMANA (1849) ; ROMAGNA
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1950
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pagina
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535
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La Repubblica Romana in Romagna 535
Si vide allora, dopo il primo otto, alzato di nuovo il sipario e sulla scena il Doge, ossia il baritono, circondato da tutti gli altri attori e dai coristi, con un foglio in mano nell'atto di leggere. Egli lesse difatti con la bella voce sua propria e coi veli di commozione che anche l'arte insegna il decreto di proclamazione della repubblica.
Indescrivibile la manifestazione cui si abbandonò quasi delirando il pubblico. Le parole così ricche di significato, dette in quel modo, quei personaggi in veste di cittadini dell'antica repubblica marinara ora di nuovo combattente per cacciare lo straniero, erano di per se soli motivi più che bastanti a creare un'atmosfera di fremiti. Poi alla fine della lettura erano apparsi in teatro giovani portanti le fiaccole accese, ed anche questo non era cosa di poco conto. Poi trovato in un palchetto il giovane faentino Augusto Bertoni che già contributi aveva pagato alla Musa patriottica fu con acclamazioni invitato a recitar una sua composizione ispirata alle circostanze. Ed il Bertoni declamò, e tanto piacque che, sebbene si fosse poi nascosto in altro palchetto per sottrarsi ad altra prova, fu invece scovato e di nuovo fu costretto ad affacciarsi per ima seconda declamazione.
In tanto delirio non fu possibile assistere più oltre alla rappresentazione: la folla si riversò nella piazza maggiore dove già alcuni entusiasti dell'ordine nuovo testò proclamato non avevano però dimenticato che era esistito mi ordine antico, per cui già si erano data cura di cancellarne le traccio abbattendo in primo luogo gli stemmi.
I canti di giubilo fra cui dominava quello della Carmagnola riecheggiarono fra i bei loggiati'Settecenteschi della piazza, il falò degli stemmi e le torcie illuminavano la scena, non mancavano le danze, e non mancava nemmeno il fumo. Poi l'indomani nelle prime ore del pomeriggio si vide, poco lungi da quelle ammucchiate rovine, alto col berretto frigio sulla cima, l'Albero della Libertà, il primo di altri minori fratelli che sorsero poi in altri rioni cittadini, alcuni dei quali senza fissa dimora poiché non sempre il luogo prescelto restava di comune soddisfazione.
Nessun incidente in tanto entusiasmo durante quella prima notte repubblicana, se non si vuol considerare incidente la discesa di un binocolo da un palco teatrale lungo una traiettoria che finiva e fini sulla testa del Governatore di Faenza. Casuale o malizioso incidente? È certo che da un po' di tèmpo il Governatore Ugolini non godeva della simpatia degli scalmanati, ed è certo che dopo quella serata egli ripetè con maggiore insistenza le sue domande per essere liberato dall'ufficio.
Piuttosto in quella giornata del 12, in cui anche la Magistratura aveva salutato l'evento con un manifesto caloroso e indette ufficialmente le celebrazioni, ci furono altri accesi patrioti i quali ricordarono che oltre gli stemmi papali esistevano talune testimonianze che si riferivano non solo al tramontato regime, ma ad essi medesimi ; e cioè quegli scalmanati si ricordarono dell'esistenza dell'Archivio Criminale in cui troppe cotte facevano fede dei loro trascorsi più o meno patriottici.
Ed allora si udì nella piazza qualche grido ohe poi diventò in nn attimo voce in oro, ordine imperioso della folla: fuoco all'Archivio! E si videro gli interessati correre nella vicina Piazzetta della Molinella, salire su nell'Archivio, e poi si videro dalle finestre di quello scendere a volo pacchi e carte' o registri, proprio quelli rìferentisi a quegli ultimi tempi; ed in breve ecco sulla piazza maggioro un mucchio già lambito dalle fiamme fra urla di gioia non tutte disinteressate.
Rievocare la cronaca, pattiottieo-camevalesca di ogni città di Romagna sarebbe troppo lungo. Accennerò soltanto a Forlì dove essendo arrivata la staffetta nel mattino dell* 11 le feste incominciarono nel pomeriggio alle ore due. Anche qui pubblicazione di manifesti, adunate di popolo, canti della Carmagnola; e la sera in teatro