Rassegna storica del Risorgimento
REPUBBLICA ROMANA (1849) ; ROMAGNA
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1950
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pagina
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537
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La Repubblica Romana in Romagna 537
Fonti non meno eloquenti sono i manifesti pubblicati dai presidi, dalle Manici* pulita, dagli stessi Circoli Politici e le relazioni dei Governatori ai presidi, e di questi al Governo. Anzi è da rilevare l'accento particolarmente sdegnoso di questi documenti che sono stati vergati da nomini sinceramente devoti all'ideale di patria e di repubblica.
Ma quali le vittime del coltello o dell'archibugio ? Certamente qualche sanfedista, ma non di quelli di prima fila, ha subito violenze. Però i morti si trovano quasi sempre tra coloro che non hanno avuto parte alcuna o parte insignificante nelle passate contese. In verità è la vendetta privata che si è vestita da giustiziera: è la libertà che è stata abbassata da taluni al piano delle brutali passioni: è, in taluni casi, la miseria o for-s anche la lame e la-brama di improvviso bottino che fa vedere nel possidente e nel ricco il sanfedista da ricattare o da sopprimere.
Codesti violenti che si arrogano l'ufficio di difensori e di patroni della repubblica sono quasi tutti organizzati in squadre volgarmente chiamate squadracele. In taluni luoghi la squadracela ha ini suo specifico nome, come per esempio una delle squadracele di Faenza che si noma Macchia grande di Sant'Ippolito. Vi è in questa squadra uno che poi è uscito fuori dal sentiero tortuoso della cronaca paesana per entrare sia pure alla sua maniera nella strada della storia, e cioè il Pianori, che nel 1855 attentò la vita a Napoleone.
Intorno a questa o a quella squadracela si sono avuti notevoli studi: degni di menzione quelli sulla squadraccia di Imola i cui membri caddero tutti nella rete, tesa dall'energico preside Laderchi che non ascoltò raccomandazioni o implorazioni, e si decise a liberare uno degli arrestati solo dopo il personale intervento di Aurelio Saffi. Il Governo di Roma approvò l'opera del Laderchi, e poi lo trasferì da Ravenna a Forlì, poiché la vita del preside era in pericolo in provincia a seguito della sua ardita azione purificatrice. Sui rapporti col Governo di Roma da parte di Presidi o di Circoli Patriottici, in questa come in altre circostanze, ho trovato utile la cronaca forlivese del Cai-letti, che reca anche un pregevole contributo documentario.
Ma anche in Romagna come a Roma la repubblica è mortalmente minacciata dalle armi straniere. I primi allarmi circa le intenzioni austriache erano ripetutamente venati da Ferrara nella seconda metà del mese di febbraio. Poi si erano rinnovati piò. vivi nella seconda quindicina di aprile. A quelli si erano aggiunte le notizie degli sbarchi francesi.
In questi ultimi giorni dell'aprile le popolazioni erano veramente agitate: il preside di Forlì e cioè il conte Laderchi che già aveva sostituito il conte Giuseppe Galleffi tornato volentieri nella sua Cesena, istituisce in questi giorni un vero servizio di informazione e di collegamento con altri capoluoghi e specialmente con Lugo dove più presto giungono le notizie di Ferrara, e con Bologna che è pia informata delle cose di Roma. Inoltre provvede alla pubblicazione di un bollettino quotidiano affinchè la popolazione non si abbandoni a fantasticherie e al panico.
Ma già qualche impiegato come era avvenuto anche nei giorni precedenti le elezioni dei deputati e a seguito degli anatemi di Gaeta abbandona il posto: qualche eletto alle cariche si dimette o non si fa vivo: la paura e il possimisno si diffondono anche se non mancano calorosi ordini del giorno e voti di vittoria da parte delle Municipalità, dei Circoli Politici e delle adunanze dei Civici*.
Nei primissimi giorni di maggio si apprende che gli Austriaci sono in marcia al di qua del Po con evidente scopo di occupare Bologna. Deputazioni e staffette inviate in quella capitale emiliana ritornano in Romagna annunziando ohe gli Austriaci sono alle