Rassegna storica del Risorgimento

REPUBBLICA ROMANA (1849) ; ROMAGNA
anno <1950>   pagina <540>
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540 Libri e periodici
F. Cosnt, AntUtoria d'Italia; Torino, Einaudi, 1948* in 8, pu. 539. L. 1500.
Come già dicevamo su questa Rassegna (a. XXXV, pp. 262-265) il Cusin con 1 Introduzione allo studio della storia (Codoni 1916), riprendendo motivi non ignoti olla scuola storica italiana dell'oli imo 800 o del primo 900, tentava di gettare le basi di un nuovo indirizzo storiografico a tinta sociale-psicologica. Tentativo di per sé mente affatto inutile, anzi intelligente e laudabile (nella giusta e normale ricerca di nuovi orizzonti di studio) se non fosse compromesso da un troppo dilagante pessi­mismo elie ne sta alla base, se nou fosse guastato da un malcelato rancore (sentimenti, l'uno e l'altro, che non possono certo operare in senso costruttivo).
Ora, in quest'ultimo suo volume, sebbene apertamente non lo confessi, il Cusin vuole tracciare nel campo pratico quell'indirizzo abbozzando i contorni delle secolari vicende italiane. Ma quel pessimismo e quel rancore di cui parlavamo salgono alla superfìcie e gli velano gli occhi spingendolo a considerare le vicende nazionali contro­luce, costringendolo a scrivere un'Aritistoria.
L'Antistoria d'Italia se vogliamo cosi chiamare questo rinnovato tentativo di rivolta alla tradizione trova in conclusione la sua ragione d'essere nell'esperienza contemporanea e nella crisi che abbiamo vissuto e che dal fascismo prende il nome. Sono parole del Cusin sulle quali si può anche essere d'accordo. Ma, sarebbe ancora lecito domandarsi, scrivendo un'Antistoria non si rischia di apparire troppo parziali e partigiani? E questa eventuale accusa non può nuocere ad un proposito serio ed onesto quale quello cui accennavamo? Qui, ci sembra, sia l'errore del Cusin o, se si vuole, si riveli la sua ingenuità.
Riconosciamo, peraltro, di non trovarci di fronte ad una negazione in termini; sappiamo benissimo che storia e antistoria non sono espressioni antitetiche, ma com­plementari e che, come diceva Tilghcr, l'antistoria fa la storia. Ma l'antistoria è il momento dialettico della storia e come tale può servire di impulso allo scrivere la storia, ma, se si vuole fare opera scientifica e duratura, non dev'essere assunto a motivo centrale e dominante. Del resto ogni libro di vera storia in quanto rappresenta tendenze affermatesi o esauritesi, disegni attuati o semplicemente concepiti, parti vittoriose o soccombenti, in quanto riproduce, insomma, i molteplici eventi della vita, e quelli stessi opportunamente scelti offre in esame nella loro intima contraddi­zione e drammaticità, ha pur sempre ini aspetto antinomico e, chiamiamolo con il suo nome, antistorico. Per questo chi volesse prendere in considerazione unicamente "aspetto antistorico degli eventi e tralasciasse il resto non potrebbe non riuscire par­ziale ed ingiusto anche se interessante e avvincente.
Senza dubbio il Cusin sa tutto questo. Ciò malgrado egli forse ugualmente pensa che la sua fatica, proprio per la direzione assunta, possa servire di spinta a chi voglia intraprendere su nuove basi la narrazione delle vicende italiane. Può darsi. Ma di questo non c'era troppo bisogno:
1) perchè già parecchi in questi ultimi anni si van rivolgendo a tale esame con animo e preparazione alquanto diversi da quelli che si posson chiamare tradizio­nali (e spesso, giova notarlo, là dove si lavora con amore e serenità si sono raggiunti e si raggiungono notevoli risultati);
2) perchè od ogni modo, c'è da creder poco alla forza di simili spinte indirette e resta da confidar sempre nella traccia e nel monito di un esempio positivo (senza dire che, dopo la pubblicazione dell' Introduzione, allo studio della storia, era legittimo atten­dersi dallo stesso Cusin un. esempio del genere...).
Comunque, sotto quest'ultimo aspetto, si viene a parlare dell'effettivo valore del volume, cosi com'è.
A parte l'istanza storiografica, com'è facile osservare, l'esperimento del Cusin non è nuovo. Già altri, in opere di diverso genere, titolo e valore, hanno tentalo la stessa vini Quinet nelle sue a Rivoluzioni d'Italia presenta qualche cosa di simile, e, via via