Rassegna storica del Risorgimento

REPUBBLICA ROMANA (1849) ; ROMAGNA
anno <1950>   pagina <554>
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554 Libri e periodici
è stata sempre conservatrice e tradizionalista, ma da quando il viceré Caracciolo, alla fine del '700. con le sue tentate riforme la scosse dal secolare torpore in cui giaceva e ne risvegliò lo spirito di casta, essa acquistò l'abilità politica di trarre partito da ogni occasione per accrescere la propria influenza e il proprio prestigio, cosa che le riusci di fare circondandosi anche di un alone di gloria. Cosi la resistenza contro la politica riformatrice di quel viceré divenne lotta patriottica per la conservazione degli antichi diritti dell'isola; la trasformazione dei feudi, nel 1812, in beni allodiali, che faceva dei feudatari i più grossi proprietari terrieri dell'isola, fu esaltata come gene­rosa rinunzia di ogni diritto feudale; la lotta contro l'accentramento politico di Napoli, che mirava a togliere ogni influenza politica all'aristocrazia e al clero, fu sostenuta come difesa dell'indipendenza della Sicilia che si riteneva caduta in peggiori condizioni d'una provincia. Questo atteggiamento essa tiene anche nel '48, quando tutto lascia prevedere una profonda trasformazione sociale ed economica, non solo per la viva partecipazione del popolo a quel moto, ma anche per la forza che vi manifestano le correnti più estremiste. Allora infatti è ancora l'aristocrazia quella che s'impadronisce della direzione politica della rivoluzione per darvi quell'indirizzo che meglio salvaguar­dasse i suoi interessi, facendo del tutto per mettere in cattiva luce il piccolo ma fer­vente nucleo repubblicano rappresentato particolarmente da Pasquale Calvi, che fu anche il più acceso oppositore della politica francofila di Mariano Stabile. Ora alla vigi­lia dell'impresa dei Mille, il Pilo, sincero e convinto mazziniano, si preoccupa ap­punto che, scoppiata la rivoluzione in Sicilia, ne prenda ancora una volta la direzione la vecchia classe aristocratica e conservatrice, usando le stesse arti del '48 . Perciò egli brama di venire al più presto nell'isola per iniziare noi -scrive ed evitare che la Sicilia sparga sangue e facci nuovi sacrifici per ricadere negli stessi errori del 1848, errori che di nuovo si rinnovelleranno, se i Raeli, i Camerata, gli Erranti, gli Amari li Stabili, li Ferrara, li Cusa, e li R, Settimo, li Torrearsa ritorneranno al potere (lett. 15 feb. 1860 a F. Crispi, pp. 218-19). Da qui l'ardore con cui, messo piede in Sicilia precorrendo i Mille , organizza la resistenza, preparando la via a Garibaldi.
Tale il valore e il significato del sacrificio compiuto dal Pilo quale si rileva dal lavoro del Librino, che si legge veramente con diletto e si direbbe quasi come un ro­manzo nelle parti specialmente in cui si parla della vita intima dell'eroe siciliano e delle sue relazioni amorose. Certo non vi manca qualche affermazione che non possiamo con­dividere, come quella, per es., che alla vigilia dello sbarco dei Mille l'opinione pub­blica siciliana era unanime nel volere la fine del dominio borbonico (p. Ili), mentre sappiamo che l'attaccamento al governo borbonico, specie nel ceto aristocratico e cleri­cale, perdurerà ancora per molto tempo, anche dopo l'annessione dell'isola all'Italia. Ma questo non toglie alcun pregio al lavoro del Librino, il quale costituisce un nuovo e im­portante contributo alla storiografia del nostro Risorgimento.
FRANCESCO BKANCATO
CABLO AHIUOOM, La palla d'Aspromonte e la ferita di Garibaldi. Divagazioni storiche e precisazioni chirurgiche; Torino, Edizioni Minerva Medica S. A., 1946, in 16, pp. 128. S. p.
Questo studio, comparso alcuni anni fa su una rivista medica di Torino, è pagl­iato del tutto inosservato; eppure non fe inopportuno se ne faccia qui un cenno perchè alla biografia garibaldina porta un contributo lieve ma non indifferente. In effetto I'Arrigoni non si accontenta di darci notizie precise sui criteri diagnostici seguiti nella cura dcBa ferita dell'Eroe ad Aspromonte, e sui risultati conseguiti; ma ne trae occa­sione per farci conoscere (il che è ignorato dai più) quali aspre polemiche, spesso vele­nose, e non sempre d'indole scientifica, abbia suscitato tra medio! italiani la ferita.