Rassegna storica del Risorgimento
1847-1848 ; CHIESA ; SARDEGNA (REGNO DI) ; STATO PONTIFICIO
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1951
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38
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38 Romolo Quazza
II ministro Rossi, per il quale il De Ferrari aveva lettere di presentazione, disse che non gli sarebbe stato possibile, data la diversa sfera della sua attività, adoperarsi per una favorevole soluzione della questione Aporti. Con vari pretesti l'inviato straordinario fece visita ad alcuni monsignori e segretari di Congregazione per indagare ancora una volta quali fossero le intenzioni della Santa Sede. Ne raccolsi scrisse egli il 20 ottobre al Perronc ch'essa era definitivamente avversa alla nomina dell'Abate Aporti e che per impedire ogni discussione Essa metteva in principio, che a termine dei Concordati non era tenuta a darci motivi di quei rifiuti; cosi mi disse fra gli altri con tutta chiarezza il Rosmini, che sembra godere tutta la confidenza del Papa, e lo stesso Card. Soglia. Ma il De Ferrari ritenne pericoloso dal lato giuridico accettare come fondata una spiegazione di tale natura. Se si adottava questa massima osservò egU era inalile la mia missione e restava pregiudicato il diritto Regio di uominu; se si impugnava, sorgeva allora una questione di diritto fra la Chiesa e la Potestà Regia, che sarebbe stata di difficile soluzione e avrebbe forse impedito l'effetto della mia missione: io ho cercato di evitarla. Pensò dunque di recarsi dal Corboli-Bussi, al quale sapeva essere stata affidata la pratica; ce auch'cgli invocò la massima surriferita, ma avendo io adoperato le più calde preghiere, finalmente mi disse chiaro, che l'Aporti non era accetto come capo di partito o simbolo di un partito, e come uomo poco ossequioso alla Santa Sede e ubbidiente ai precetti della Chiesa, ed anche poco istrutto nelle cose ecclesiastiche, il che appariva a suo dire dal noto manoscritto dell'Aporti. Invano in una lunga conferenza il De Ferrari aveva cercato di confutare le obbiezioni. Il 19 ottobre in un'udienza di un'ora e un quarto concessagli dal Pontefice l'argomento fu di nuovo affrontato e in favore dell'Aporti l'inviato perorò col maggior calore. Ma non potè illudersi di aver trionfato, nonostante il tenore meno reciso delle ultime parole dettegli da Pio IX: ce Sua Santità terminò con dirmi ch'Egli era fermo, ma che sapeva cedere alla ragione, che ad onta di ogni mia osservazione Egli non mutava opinione; avrebbe riflettuto, non esservi immediata urgenza, avrei conosciuta la sua risposta.
Nel corso del colloquio il Deferrari aveva potuto indovinare le ragioni dell'irremovibile avversione: US. Padre ha concepita dell'Abate Aporti un'idea poco favorevole si per la mancanza di scienza, che per supporlo animato da spìrito di parte sì in materie civili che ecclesiastiche, o colpevole almeno di supina imprudenza e spensieratezza: la popolarità dell'Aporti è un argomento che si ritorce in suo danno. Al concetto che Pio IX si era formato il De Ferrari cercò di contrapporre un ben diverso ritratto: a Colsi allora il destro di dipingere a Sua Santità questo onorando vecchio: dissi che la sua popolarità era effetto della sua carità, narrai la sua vita, che fu sempre prova di ubbidienza e venerazione verso le Autorità, e vi fu un punto in cui il Papa sembrò commosso; e allora il Ministro Pareto propose al Papa di far venire in Roma l'Aporti e vederlo e sentirlo, e il S. Padre aveva già cominciato ad aderirvi, quando invece con-chiuse la conferenza con la parola che ho sovra accennata, aggiungendo che non era
il quale potrà cosi esporre direttamente a S. S. l'incarico che dal R. Governo gli fu affidato: fummo poscia dal Conte ROBBÌ per rimettergli le lettere delle quali fu costà munito, ma siccome era facile il prevederlo, questo Ministro dell'Interno, sebbene manifestasse il desiderio di poter essere di qualche utilità nella questione di cui trattasi, si espresse in modo da far chiaramente vedere essere la medesima estranea alle sue attribuzioni né credere di trovarsi in grado di contribuire anche indirettamente ad una favorevole soluzione della medesima. Rapporto Pareto, 13 ottobre, n. 484.